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giovedì 17 gennaio 2013

IL LAVORO PER CHI NON ARRIVA A FINE MESE- QUALI "COLLABORAZIONI OCCASIONALI" DOPO LA MONTI-FORNERO?

Sono sempre più numerosi i segnali di sconcerto e di confusione tra gli operatori in ordine alla sorte delle "collaborazioni occasionali" all'indomani della riforma Monti-Fornero (l. 92/2012).
Confusione più che giustificata, per la frenesia riformatrice con il quale il legislatore ha accompagnato tale contrattualistica a partire dal 2008 (anno del varo delle cd "prestazioni occasionali accessorie" ex. art. 70 D.lgs. 276/2003), passando per il 2010, che ha visto la specifica introduzione di "Collaborazione occasionali" per Colf/Badanti (l. 183/2010, cd Collegato Lavoro), innovazione di cui di fatto nessuno ha compreso la portata e lo scopo, ma che è ancora presente nell'ordinamento, non essendo mai stata nè abrogata, nè modificata, per arrivare alla riforma del "lavoro occasionale accessorio" della l. 92/2012.
Comparare gli istituti non costituisce impresa semplice, nè tantomeno trovare una chiara linea di "politica del diritto", anche a causa del carattere provvisorio, parziale e, in prospettiva, alluvionale, se non dispersivo degli interventi.
Qualcosa comunque si può di massima dire.
Troppo debole e generico appare il riferimento (di per sè ovvio) all'art. 2222 del Codice Civile sulle prestazioni autonome: troppi segnali ci indicano che siamo in presenza di fattispecie del tutto nuove e dotate nell'ordinamento giuslavoristico di una propria autonoma ratio: se proprio vogliamo classificare queste forme di impiego, saremmo più nel giusto a classificarle come "lavoro marginale", vero tertium genus che si può estrapolare, tra il "lavoro dipendente" e il "lavoro autonomo" dalla creatività imprevedibile del legislatore (molto sensibile, come noto, alle sollecitazioni delle burocrazie ispettive del Ministero del Lavoro).
In questo senso, non si può prescindere da quanto detto, su Internet, nelle riviste, ma anche nei Convegni, dal Dr. EUFRANIO MASSI (DPL Modena)

"Ci si trova-dice il Dr. Massi- di fronte ad un modello tipologico che prescinde dalla qualificazione giuridica e dove prevalgono le tutele previdenziali ed assicurative": (vedihttp://www.dplmodena.it/massi/Prestazioni%20occasionali%20e%20accessorie%20-%20Massi.pdf)

E non c'è dubbio che la parabola del cd "lavoro accessorio" sia molto eloquente di tale imprevista evoluzione del diritto del lavoro italiano.

Il "lavoro accessorio", anche dopo la Monti-Fornero, resta una specie di "brodo primordiale" dove si trova ogni tipo di lavoro marginale in fase per così dire "di decantazione": uno strumento per favorire l'emersione di rapporti altrimenti condannati ... al nero. 
Non solo, ma la legge Monti-Fornero, pur avendo introdotto alcune restrizioni (per l'illustrazione compiuta si rinvia al Ns. post:http://costidellavoro.blogspot.it/2012/07/dossier-monti-fornero-cosa-resta-del_27.html), pur molto severa con la flessibiltà cd "cattiva" e con il "finto lavoro autonomo" ha paradossalmente confermato tale istituto, anche ampliandone i confini operativi (a fronte delle restrizioni reddituali[1]). Mentre fino al 17/07/2012, erano previste limitazioni oggettive e soggettive ben note per l'accesso al lavoro accessorio, dopo il 18/07/2012 si possono attivare voucher in qualunque settore produttivo[2].
Chi disprezza compra? 
Difficile dirlo, ma certo la legge Monti-Fornero, il "lavoro accessorio", uscito dalla porta (nelle iniziali e ancora più restrittive tendenze del primo Ddl governativo), è rientrato dalla finestra: non solo nella l. 92/2012, ma anche nella l. 134/2012, che, come noto, ha esteso per il 2013 la speciale disposizione della l. 33/2009 che ammetteva al voucher anche cassintegrati e percettori di misure a sostegno del reddito, con speciali limitazioni di reddito e di imputazione del montante contributivo.
Nessuna novità di rilievo si registra in merito alla disciplina delle cd "collaborazioni occasionali" ex. art. 61.02°comma D.lgs. 276/2003, anche queste frutto di non pochi esoterismi ministeriali. 
Anche questa volta, ai fini di configurare la fattispecie, la contrattualistica tradizionale è secondaria.
Il legislatore, infatti, connota le "prestazioni occasionali" solo in funzione di due requisiti del tutto neutri rispetto alla contrattualistica (come fa del resto per il "lavoro accessorio"): la Collaborazione, cioè, non deve durare più di 30 gg. nell'anno solare e non deve dar luogo a redditi superiori a €. 5.000 lordi nel "periodo annuale complessivo" (quindi, conteggiati tutti i Committenti).
Dicevamo della "neutralità" della disposizione rispetto alla contrattualistica. In effetti, a conferma di questo, non possiamo fare a meno di citare la Circolare 01/2004 con il quale il Ministero del Lavoro ha provveduto a chiarire che nell'ampia dizione dell'art. 61.02° comma si ricomprendono le cd "mini cococo", per le quali, data la loro limitata portata, il legislatore ha ritenuto che non fosse necessario il riferimento al progetto e, dunque, di sottrarle dall'ambito di applicazione della normativa sui contratti a progetto e "altre" prestazioni di piccolo lavoro autonomo ex. art. 2222 Codice Civile. Precauzioni che oggi si comprendono meno di ieri: oggi interrogarci su cosa sia una cococo mini, maxi etc. pare grottesco e assurdo; ma discutere di questo non era così peregrino ieri, dato che la cococo veniva spesso utilizzata per piccoli impieghi marginali, come letturisti di contatore, camerieri etc. (con tanto di conferma giurisprudenziale, in proposito) ed era quindi molto rilevante scremare le figure contrattuali in vista degli adeguamenti (al 24/10/2004) alla nuova contrattualistica a "progetto/programma".
Morale della favola?
C'era un tempo in Italia in cui quella che attualmente è la funzione del voucher era svolta dalle cococo.
Questa circostanza deve farsi riflettre: questi passaggi della Circolare sulle mini cococo sono un residuato d'epoca che, però, testimonia un rilevante passaggio di "politica del diritto" realizzato dalla legge Biagi e tutt'ora consolidato dalla l. 92/2012: il ripudio della cococo per "lavori marginali" (di cui troviamo conferma nella recentissima Circolare Min. Lav. 29/2012 nell'elencazione delle mansioni che si presumono sempre subordinate), per indirizzarla a prestazioni consulenziali, di "terziario avanzato".
Una simile evoluzione normativa, oggi tanto restrittiva verso figure che un tempo erano inquadrare nelle cd "mini cococo", deve farci riflettere sulla circostanza che forse in parte qua l'art. 61 non si può più invocare con riferimento a tali prestazioni, perchè coperto dalla presunzione rigida di lavoro subordinato per le attività "meramente ripetitive ed esecutive" (oggetto di classificazione nella Circolare Min. Lav. 29/2012, ma con ripresa di passaggi già elaborati autonomamente in sede ministeriale dalla Circolare Min. Lav. 04/2008). 
Ciononostante, ossia nonostante l'apparente linearità del dettato normativo, non dobbiamo pensare di trarre un così rapido de profundis per l'utilizzo della "collaborazione occasionale" con riferimento a prestazioni tanto marginali, almeno per le mini cococo.
Con uno di quei consueti interventi alluvionali e apparentemente inspiegabili, il Collegato Lavoro ha, infatti, inopinatamente pensato di codificare nell'art. 61 D.lgs. 276/2003 almeno una di queste mini coco, quelle per "servizi di cura e assistenza alla persona", che è inquadrabile nel novero delle "prestazioni occasionali" non solo nei consueti limiti dei 30 gg. nell'anno solare e nel limite reddituale complessivo annuo di € 5.000 lordi, ma anche con il limite orario delle 240 ore con lo stesso Committente.
Disposizione ermetica: nessuno ha mai chiarito cosa succede se l'assistente alla persona splafonda il limite di 240 ore con lo stesso "assistito" (e non è Ns. interesse avventurarci a risolvero questo problema).
L'importante a mio modesto avviso è riflettere sulla portata un tempo sistematica e sociologica di questa disposizione. Dal punto di vista sistematico, la disposizione attesta la perdurante validità nell'ordinamento giuridico della cd "mini coco", anche per prestazioni di cui peraltro è lecito dubitare se siano riconducibili o meno a "genuina" autonomia. Figura contrattuale che è stata certamente rivalutata dal "Collegato Lavoro" l. 183/2010 (e qui sono al versante sociologico) per salvare dalla scure ispettiva una contrattualistica (la mini coco) un tempo in uso anche nel settore assistenziale.
Una disposizione piccola, ma chiaramente in funzione di "sanatoria" che la dice lunga sulla funzionalità sociale di simili prestazioni, dove cioè la "marginalità" lavoristica può "fare la differenza" per salvaguardare l'acquisizione non solo di reddito aggiuntivo in capo al Collaboratore (magari Cassintegrato o Dipendente incapace di arrivare a "fine mese"), ma anche in termini di servizi: pensiamo a cosa può significare per una famiglia acquisire servizi assistenziali per anziani etc. con simili figure, piuttosto che con contratto di lavoro dipendente.
E qui ci si deve porre il caso di coscienza: ma siamo sicuri che nell'Italia dell'eterno "tengo famiglia", del cd Welfare mediterraneo, dove di fatto la tutela principale (e talora unica) è affidata alla famiglia, ovvero alla capacità di "arrangiarsi" del Lavoratore, un Ispettore sarà capace di prendersi il "mal di pancia" di contestare autonomamente queste contrattualistiche perchè espressione di  non genuino "lavoro autonomo"? (altro è che lo contesti l'interessato!).
Dubitiamo.
E, del resto, tale vastità e ambiguità del dettato normativo lascia intendere quanto sia grande e vasto il margine di discrezionalità applicativa presupposto dallo stesso legislatore in questa tipologia di rapporti.
E' evidente che, finchè tali incertezze, ambiguità legislative permarranno, lì resteranno sempre margini per consentire al "lavoro marginale" di annidarsi nelle maglie dell'ordinamento giuslavoristico italiano.
E qui il discorso da giuridico, si colora inevitabilmente di .... "politico"!
Innanzitutto, non si può fare a meno di cogliere comunque alcune linee di tendenziale razionalizzazione indotte dalla l. 92/2012. Se, infatti, anche nella versione Sacconi del 2008, il "lavoro occasionale accessorio" è stato introdotto con incertezze, ambiguità e una tecnica casistica, tale da mantenere in capo alla "collaborazione occasionale" ex. art. 61 D.lgs. 276/2003 il primato di "riferimento di default" per i "lavori marginali" (tanto che l'art. 61 manteneva una indubbia capacità concorrenziale sull'art. 70 D.lgs. 276/2003), con la legge 92/2012, il rapporto si è invertito: oggi, lavoro accessorio e lavoro occasionale ex. art. 61 sono parimenti accessibili per qualunque tipologia di mansione. Non si può escludere una voluntas legis di porre le premesse per un reale "superamento" della Collaborazione occasionale, per fare del voucher la figura di riferimento per il "lavoro marginale". Se le cose stanno così, in futuro, dovremmo attenderci riforme del mercato del lavoro restrittive sull'art. 61.
Inoltre, al momento, non si può escludere che la stessa collaborazione occasionale possa entrare nello scrutinio delle "finte Partite IVA" specie per Partite IVA avviate in corso d'anno. Diciamo questo senza aver consolidato alcuna convinzione, ma dalla constatazione della strana dissociazione tra il requisito reddituale (80% dei compensi fatturati) che viene riferito all' "anno solare" e al requisito della "durata" (contrattuale) della Collaborazione. In questo senso, se l'incarico "a Partita IVA" risulta avviato in un tempo successivo a fatturazioni "occasionali", pare proprio che l'Ispettorato possa far rientrare tali compensi nello scrutinio della "Partita IVA" se è riferito allo stesso Committente e alle stesse mansioni. 
Lo ripeto, è una prima, e peraltro, personale interpretazione.
Proprio questi discorsi sulle nuove norme sulle "Partite IVA", però, dovrebbero farci propendere che la via più efficace di contestazione di queste prestazioni "marginali" dovrebbe proprio essere la via dell'accertamento fiscale, piuttosto che quello lavoristico tradizionale.
Come non rilevare, ad esempio, il carattere abusivo di quel ristorante che ricorra sistematicamente al voucher, alterando il rapporto ricavi/ora lavorata e inducendo grave dumping a carico dei concorrenti? Che è certo altra cosa dall'impiego a titolo di voucher del familiare che solo occasionalmente e saltuariamente collabori nell'Impresa familiare.
Senonchè il serpente continua a mordersi la coda: perchè di penalizzazioni sull'uso della contrattualistica "marginale" potrebbero soffrire i ceti più fragili della Società: donne, giovani, cassintegrati, persone a basso reddito che ... non ce la fanno!
Questo è il dilemma politico e sociologico sotteso al controverso tema del "lavoro marginale".
Basterà andare avanti con l'arte di arrangiarsi, e confidando nella bontà e nella discrezionalità amministrativa?
Può darsi che la tolleranza proseguirà ancora per i prossimi anni, data la pressione che la crisi economica induce sulle Istituzioni, anche giuslavoristiche italiane. E nella difficoltà (per altro tutta italiana) di trovare tutele reddituali consolidate e servizi di politica attiva/reinserimento credibili per disoccupati, soggetti ai margini: è evidente che, finchè queste problematiche "di sistema" rimarranno tali, difficilmente l'ordinamento giuslavoristico si priverà di tali forme ultra-flessibili di impiego, vere valvole di sfogo per offrire opportunità di reinserimento di tali soggetti "difficili". 
Ma certo, se quella del "lavoro marginale" (collaborazioni occasionali etc.) può considerarsi una specie di flexicurity fai-da-te all'italiana (basata sull'arte, tutta italiana, di arrangiarsi nell'incapacità dello Stato di intervenire efficacemente), va da sè che l'ordinamento giuslavoristico deve smetterla di "lavorare sul piccolo cabotaggio", confidando nel Welfare tutto italiano della famiglia e dell'arte di arrangiarsi ed iniziare ad elaborare soluzioni per un mercato del lavoro di più ampio respiro.

Dr. Giorgio Frabetti-Ferrara



[2] Per i dettagli, vedi schemi nel mio post http://costidellavoro.blogspot.it/2012/07/dossier-monti-fornero-cosa-resta-del_27.html




[1]  L’art. 70 riformato dispone più stringenti limiti economici alle prestazioni occasionali accessorie (voucher), attivabili nei limiti di € 5.000 (rivalutati all’indice ISTAT) per anno solare per la totalità dei Committenti . Questo limite vale per i Committenti diversi da Imprese Commerciali e Studi Professionali. In quest'ultimo caso, infatti, il Collaboratore che attivi più voucher presso uno di questi soggetti dovrà sì rispettare il tetto di E. 5.000, ma spalmando le eventuali diverse Collaborazioni in voucher non superiori a € 2.000 (rivalutati ISTAT!) per ogni singolo rapporto. In questi termini, la restrizione dell'istituto è molto stringente.

In questo, resta forma di impiego distinta dalla collaborazione occasionale classica ex. art. 61 D.lgs. 276/2003. 

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