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giovedì 31 maggio 2012

COME FAR RIPARTIRE L'ECONOMIA EMILIANA?

Come far ripartire l'Emilia, dopo il traumatico evento sismico degli ultimi giorni?
Giovanni Favia (M5S) è andato subito "sul pezzo" come si dice e ha proposto: rinvio dei pagamenti fiscali, alleggerimento del patto di stabilità per i Comuni impegnati nella ricostruzione, destinazione del 5 per mille alla ricostruzione, storno dei fondi destinati alla Autostrada Cispadana (Ferrara-Mirandola) per destinarli al terremoto.
Teniamo conto, Signori, che la base di qualsiasi progetto di ricostruzione è il territorio produttivo, quel fittissimo reticolo di industrie, aziende e aziendine di cui la Bassa Modenese e l'Alto Ferrarese erano ricchissimi.
Quindi, poche "pippe": la Cispadana si deve fare!
D'accordo, può darsi che la Cispadana si sia sostanzialmente già "suicidata" con gli eventi sismici degli ultimi giorni, perchè sfido chiunque a percorrere un'autostrada in una zona altamente sismica e i cui terreni si sono liquefatti! Ma, posto che evidentemente il progetto dovrà essere revisionato sotto l'aspetto anti-sismico e geologico, nessun dubbio che questo progetto è essenziale: perchè aumenta la connettività del tessuto produttivo (Bassa Modenese-Alto Ferrarese) già molto fertile e non può che favorire il "valore aggiunto" delle imprese emiliane da rilanciare.
Se possibile, abbiamo mille motivi in più per fare la Cispadana (con tutte le riserve geologiche del caso).
Sulle restanti proposte, nessun dubbio che Favia coglie nel segno quando lancia la provocazione di utilizzare l'otto per mille per destinarlo alle calamità, secondo una sfiziosa e interessante lettura della l. 222/1985: ipotesi da approfondire nei ragguagli tecnico-giuridici e senza facili polemiche anti-clericali.
Da ultimo, le altre istanze di Favia (posticipo dei pagamenti fiscali, alleggerimento del Patto di stabilità) non hanno storia, in quanto recepite dal Governo.
Ma grande assente dalle proposte di questi giorni è il lavoro!
Partiamo da un assunto: il tessuto industriale di Modena-Carpi-Finale Emilia etc. è un tessuto formato in prevalenza da lavoratori autonomi, poi ingranditisi e fattisi imprenditori, spesso con il lancio decisivo delle Banche Popolari locali. Si tratta spesso di agricoltori che contemporaneamente all'agricoltura coltivavano un mestiere artigiano: quindi, persone abituate alla flessibilità, abituate a pensare all'economia con mente "auto-imprenditoriale", quindi, con la piena consapevolezza dei "cicli" produttivi.
Nessuno scandalo, quindi, a proporre ai Sindacati di avvalersi della facoltà (molto discussa) di stipulare intese territoriali "in deroga" per i Comuni colpiti dal sisma: intese, cioè, finalizzate a flessibilizzare il più possibile la disciplina dei rapporti di lavoro, senza pregiudizio dei fondamentali diritti della persona, per facilitare al massimo la ripresa dei Distretti Produttivi locali. E' bene, poi, che il Governo intervenga con un DL, in via transitoria (per un biennio 2012-2014?) e in deroga all'art. 08 stesso, per permettere ai Sindacati di stipulare intese che autorizzino le Aziende dei territori interessati dal sisma di assumere sotto i livelli retributivi minimi di CCNL (vedi vecchi "contratti di riallineamento") per i periodi strettamente indispensabili per la ripresa e la ricostruzione: si può studiare la misura specie per i lavoratori alloggiati in tende e senza più stabile dimora e quindi senza "costi fissi" tipo IMU etc. E contemporaneamente prevedere il recupero del differenziale sotto forma di premio di produttività detassato al 10% ad una cadenza data (es. a fine anno).
Meglio lavorare "in deroga" (con maggiori chanches di ripresa) che andare in Cassa Integrazione (anche se "in deroga")! A casa mia, mi hanno sempre insegnato la massima "aiutati che Dio ti aiuta!". E mai come in questi tempi di crisi e terremoti questa massima è adatta!

Dr. Giorgio Frabetti, Consulente d'Azienda in Ferrara

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