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giovedì 24 maggio 2012

LAVORO NERO E ACCERTAMENTI FISCALI


La sentenza nr. 2539/2011 della Corte di Cassazione ha legittimato l'accertamento induttivo in caso di lavoro nero, sulla base dell'assunto che quest'ultima circostanza non sia altro che un indizio di "maggiore volume d'affari".
Intendiamoci: la sentenza non innova i presupposti dell'accertamento fiscale.
Trattando problematiche squisitamente "procedurali", la sentenza non determina alcun automatismo all'accertamento induttivo in caso di emergenza di lavoro nero (paragonabile ai recenti automatismi per omissioni negli Studi di Settori di cui al DL 98/2011 e s.m.i.). Viceversa, la Corte degli Ermellini stabilisce il criterio per cui, ove il lavoro nero determini (motivatamente) un diverso quadro del "valore aggiunto" aziendale e di un diverso "equilibrio finanziario" tale da determinare l'induzione di ulteriori e non dichiarati redditi, l'Amministrazione Fiscale è abilitata all'accertamento induttivo.
Tale consegna evidentemente non può valere però in assoluto e in automatico: ci sono circostanze, infatti, in cui l'emergenza di lavoro nero (emersa nel corso di ispezioni INPS, DPL, INAIL) presenti differenti indici di significatività: ad esempio, le fasi di "lavoro nero" possono ben riguardare anche solo alcuni mesi, alcune fasi della produzione etc.
Il punto allora è capire (anche per aiutare le Aziende) cosa un imprenditore/lavoratore autonomo aspettarsi dal Fisco, in questi casi, con sufficienti margini di prevedibilità e consapevolezza.
Crediamo che, per poter passare dall'accertamento analitico (in mera "correzione" della Dichiarazione) all'accertamento induttivo (che disconosce la Dichiarazione), l'Amministrazione debba riscontrare ex. art. 39 DPR 600/1973 un quadro globale e diffuso di "contabilità inattendibile" (da dimostrarsi dal Fisco con presunzioni gravi, precise, concordanti).
In che modo giungere a questo senza correre il rischio di fuorvianti arbitrii applicativi?
Crediamo che sul punto il DPR 570/1996 possa dirci qualcosa di molto significativo.
Il DPR 570/1996, infatti, codificando alcune soglie percentuali di scostamento tra costo del lavoro dichiarato e accertato, disponeva che la contabilità del Contribuente si sarebbe senz'altro potuta ritenere "inattendibile" sopra la soglia del 10%. Questa metodica è stata superata dall'entrata in vigore degli Studi di Settore. Ciononostante, siamo personalmente convinti che essa codifichi un criterio di utile orientamento almeno in termini contabili per i casi di cui all'oggetto.
In casi cioè di accertamento del "lavoro nero", crediamo il Contribuente possa validamente opporsi all'accertamento induttivo (e annullarlo, se del caso) qualora riesca a dimostrare che il "lavoro nero" accertato non appare significativo in termini di incremento del "volume d'affari", ovvero del "valore aggiunto", ovvero non presenti alcun riflesso "incrementativo" sulla struttura finanziaria e reddituale dell'Azienda. Questo naturalmente finchè il Fisco non abbia fondati motivi per procedere alla ricostruzione del "volume d'affari" secondo altra metodologia (prima fra tutti, l'accertamento bancario).
In linea di massima, comunque, va anche detto che in questi casi essenziale è la prevenzione.
Maggiore, cioè, sarà stata la diligenza e la continuità del Contribuente nel contabilizzare i flussi economici e finanziari della propria organizzazione, minore potranno essere le sorprese del Fisco: ecco perchè, onde cautelarsi da "brutte sorprese" è consigliabile alle Aziende/Lavoratori Autonomi l'adozione di una contabilità di bilancio anche per Ditte Individuali o Società di Persone (dove essa cioè è facoltativa) può costituire un valido "scudo" contro iniziative "aggressive" del Fisco come i controlli bancari (tanto più legittimati tanto più il Contribuente abbia dato prova di "lassismo" nella tenuta della contabilità).

Francesco Landi, Consulente del Lavoro in Ferrara

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