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martedì 31 luglio 2012

NORMA DIMISSIONI: LE SITUAZIONI TIPO DELL'UFFICIO PERSONALE


I motivi per cui un Dipendente può revocare le dimissioni, pure già date, approfittando del pieno potere riconosciutogli dalla legge, sono vari e, tra i tanti, occorre tenere conto dell'ipotesi che il lavoratore impugni le dimissioni, perchè date a suo tempo sulla base di aspettative di tutela previdenziale poi rivelatesi infondate. 
Questa facoltà, remota e teorica fino al 18/07 us diventano realtà tangibile dopo la riforma Monti-Fornero che ha reintrodotto la disciplina limitativa delle dimissioni, già introdotta nel 2007, poi abrogata a giugno 2008.
La disciplina è invero oscura, ermetica e ha dato luogo a commenti e a travisamenti.
Consapevoli che la teoria serve a poco, intendiamo offrire agli operatori degli Uffici Paghe, Personale e di Consulenza del Lavoro in generale un'introduzione alla materia, secondo un approccio concreto, semplice, che ad evidenziare tre casistiche-tipo, con le quali potrete trovarvi ad avere a che fare, da cui crediamo possano evincersi le fondamentali linee di gestione (che sono poi quelle che contano nella pratica, aldilà di complesse elucubrazioni interpretative).
Ecco le fondamentali fattispecie cui l'Ufficio Paghe può trovarsi di fronte.
CASO 1:
Datore di Lavoro e Dipendente hanno convenuto insieme una risoluzione consensuale, fissando in un accordo scritto avente data certa la data dell'ultimo giorno di lavoro. Quando Datore e Lavoratore agiscono di comune accordo, il grado di criticità è tendente a zero. Il Dipendente potrà essere avviato alla DPT o al CPI a confermare le dimissioni, ovvero (procedura ancora più semplificata) può confermare istantaneamente le dimissioni, firmando il SARE di cessazione (che come noto può essere inviato ... ora per allora, ossia anticipatamente sulla data di chiusura, ma con indicazione del giorno di chiusura del rapporto. Una variante di questo caso, può essere l'eventualità che sia il Lavoratore ad emettere lettera di dimissioni, con indicazione della data di chiusura.
In questo senso, il Personale di Studio può trovarsi agevolato dalla presenza di atti negoziali (risoluzione consensuale, dimissioni) che ne tracciano il lavoro e la procedura con sufficiente chiarezza nella tempistica.
Si consideri poi che, in queste procedure, le Parti sono nella piena responsabilità di negoziare non solo la data delle dimissioni, ma anche l'eventuale addebito/accredito del preavviso: quindi, lo Studio di Consulenza non dovrà porsi preoccupazioni sul preavviso, salvo accertarsi che le Parti siano state debitamente (ma succintamente) informate.
CASO 2:
Tra Datore di Lavoro e Lavoratore non intercorre alcuna corrispondenza di dimissioni: caso molto frequente con Edili, Badanti, Extra UE. In queste condizioni, il personale di Studio non deve disperare, deve semplicemente farsi mandare via mail un'indicazione di una data di chiusura del rapporto, per avviare la procedura di conferma. Non è un problema se la notizia delle dimissioni viene dal Datore, perchè la procedura, consentendo nei ben noti "07 gg." la conferma delle dimissioni, permette comunque di chiarire in modo definitivo la situazione. A queste condizioni, infatti, le ipotesi possibili sono due: o il Lavoratore conferma-smentisce le dimissioni (in quest'ultimo caso, non c'è da meravigliarsi, specie in settori "viscosi" come Edilizia e Pubblici Esercizi); o il Lavoratore resta inerte, ma allora, stante il disposto della legge, il silenzio vale come assenso alle dimissioni. Il che, nei casi di irreperibilità del Lavoratore, costituisce un'opportuna semplificazione.
Anche in questo caso, il preavviso non genera difficoltà, anche considerato che lo stesso, solitamente breve (dai 07 ai 15 gg.) può agevolmente sovrapporsi col termine breve di "invito" del Dipendente avanti la DPL/CPI. E' necessario, comunque, che le Parti siano debitamente informate delle norme sul preavviso per gestire gli oneri economici (di mera rilevanza inter partes, e privi di riflessi sulla definizione della procedura di dimissioni).
CASO 3:
Al momento questa è l'ipotesi che merita più attenzione.
Ipotizziamo, cioè, che tra Datore di Lavoro e Lavoratore sia intercorsa una corrispondenza di dimissioni (o di risoluzione consensuale, poco importa) e che il CCNL preveda per le dimissioni un preavviso lungo, 60 gg., ben oltre, quindi, il "termine lungo" di 30 gg. previsto dalla Monti-Fornero che le Parti nella loro corrispondenza hanno dichiarato di voler rispettare. Può darsi il caso che il Dipendente, inviato a convalidare le dimissioni avanti la DPL, non si presenti; ovvero, invitato a sottoscrivere il SARE ritardi a tempo indefinito la sottoscrizione (addirittura rendendosi irreperibile). Se dall'invito al Dipendente sono decorsi 07 gg., le dimissioni si intendono convalidate? Stando alla lettera della legge, la risposta parrebbe positiva, poichè l'art. 04.22°comma l. 92/2012 dispone che l' "invito a confermare le dimissioni" può intervenire anche durante il preavviso: con ciò precisando che la convalida può anche avvenire in un tempo antecedente la formale chiusura del rapporto (diversamente l'inciso "può sovrapporsi al preavviso" non avrebbe alcun significato). Una soluzione lineare, apparentemente, ma che implica un'impegnativa interpretazione della normativa, difficile da praticare autonomamente, senza qualche riscontro o chiarimento in sede ministeriale*.
Crediamo con questo di avere esemplificato la casistica-tipo che può verificarsi in Ufficio, precostituendo la casistica fondamentale.
Ai fini del decorso dei termini previsti dalla legge per la convalida delle dimissioni/risoluzioni consensuali, è opportuno valorizzare le istanze di velocità e speditezza della procedura, operando in modo tale da concentrare il più possibile nella fase usualmente di preavviso l'esaurimento della procedura, in modo da evitare strascichi amministrativi e code burocratiche successive alla chiusura del rapporto, quando il Dipendente, già dimissionario, libero e senza grosse remore, può essere indotto più facilmente a "rovesciare il banco" e a assumere iniziative imprevedibili.
In ogni caso, riteniamo essenziale valorizzare un chiaro principio che si desume dalla legge: le dimissioni si presumono genuine. Finchè il Lavoratore non contesta, il Datore ha diritto a fare affidamento sulla continuità delle sue intenzioni solutorie. Questo per gli Uffici Personale significa stare tranquilli, e lasciare muovere "le bocce" a Datore e Lavoratore, limitandosi ad un ruolo notarile di "registrazione".

Dr. Giorgio Frabetti
Consulente d'Azienda in Ferrara

1 commento:

  1. La nota Prot. 18273/2012 compendia indirettamente il caso. Vedi il post:
    *http://costidellavoro.blogspot.it/2012/10/dimissioni-il-ministero-precisa-quando.html

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