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giovedì 30 agosto 2012

RIFORMA MONTI-FORNERO: LE MODIFICHE DEL DL SVILUPPO

La conversione in legge del DL Sviluppo è stata l'occasione per l'inserimento (dopo laboriose trattative Governo-Parlamento, anche per le vibrate richieste di Confindustria e altri) di alcuni emendamenti alla riforma Monti-Fornero approvata con la l. 92/2012.
Gli emendamenti oggi risultano compendiati nell'art. 46-bis del DL Sviluppo convertito in legge e in questa sede si procederà ad un'esposizione, secondo la traccia più autorevole che al momento sia a disposizione, ossia il dossier del Servizio Studi del Senato (http://www.senato.it/documenti/repository/dossier/studi/2012/Dossier_381_II_2.pdf).
Premettiamo che interventi legislativi di questa risma non sono infrequenti nella prassi parlamentare, di solito per allargare le finestre di diritto transitorio e per ammortizzare l'impatto di riforme importanti e dagli effetti potenzialmente traumatici. Per quanto ci è consentito di comprendere, almeno ad un primo esame, l'art. 46-bis corrisponde a tale ratio di "diritto transitorio" solo per quanto concerne la parte "previdenziale" della riforma, la più consistente (e anche la più qualificante) quella riguardante gli ammortizzatori, le aliquote degli autonomi senza Cassa etc.; viceversa, per le altre disposizioni, quelle più direttamente incidenti sulla contrattualistica flessibile "in entrata" (Partite IVA, tempo determinato etc.), l'intervento sa di "intervento correttivo" a posteriori: ufficialmente, come annunciato a suo tempo da uno dei promotori degli emendamenti, l'Ex-Ministro Cesare Damiano, le modifiche tese ad ammorbidire la flessibilità in entrata nascono dalla constatazione che la riforma (a causa delle tumultuose e anche confuse vicende con cui è stata partorita) aveva sì irrigidito la "fase in entrata" nel mercato del lavoro, ma senza correlativamente ammorbidire la "fase in uscita" dei licenziamenti. A questo squilibrio, non corretto in sede di legge 92/2012, cerca di porre rimedio il DL Sviluppo.
Ma iniziamo con ordine, avendo cura di ripartire gli interventi di contrattualistica (specie in entrata) dagli interventi previdenziali.

I) FLESSIBILITA' IN ENTRATA:

A) TEMPO DETERMINATO: La riforma Monti-Fornero aveva profondamente inciso sui meccanismi di rinnovo dei contratti a tempo determinato. Non si sarebbe potuto escludere che la ratio di tali interventi fosse quella di accompagnare percorsi "morbidi" di alternanza di disoccupazione/mobilità e lavoro saltuario per quei lavoratori, soprattutto esodati, che più erano stati penalizzati dalla riforma delle decorrenze e degli assegni pensionistici del DL 203/2011 (DL Salva Italia), in modo da consentire non solo "occasioni" di lavoro, ma anche "occasioni di integrazione" del montante contributivo. Architrave di questa riforma era il nuovo regime temporale di "separazione" tra un contratto a termine e l'altro. In base all'intervento di cui alla L. n. 92 del 2012, si ha tale effetto qualora il lavoratore sia riassunto entro sessanta giorni dalla scadenza del precedente contratto a termine, ovvero entro novanta giorni qualora il primo contratto fosse di durata superiore a sei mesi (salvo deroghe da disciplinari dai CCNL in specifici casi: es. sturt up etc. secondo un canovaccio mutuato dalla legge 56/1987). In base alla novella di cui alla lettera a) del comma 1 della legge di conversione del DL Sviluppo, la riduzione dei termini trova direttamente applicazione per le attività stagionali e può altresì essere prevista - oltre che nei casi summenzionati - per ulteriori fattispecie, individuate dai contratti collettivi stipulati ad ogni livello dalle organizzazioni. Il tema è già stato trattato in un Ns. post cui si rinvia.

B) CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE: Si consente che il contratto di somministrazione di lavoro tra agenzia di somministrazione e soggetto utilizzatore sia stipulato a tempo indeterminato in tutti i settori produttivi, qualora esso riguardi lavoratori assunti come apprendisti dall'agenzia medesima (lettera b) del comma 1). Resta fermo che tale categoria di lavoratori non può essere oggetto di contratto di somministrazione a tempo determinato.

C) PARTITE IVA: Si modificano (lettera c) del comma 1) le norme che disciplinano, per le prestazioni lavorative rese dai soggetti titolari di partita IVA, la presunzione di inquadramento come rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.
La presunzione opera qualora ricorrano almeno due dei seguenti elementi: a) che la collaborazione abbia una durata complessivamente superiore a otto mesi nell'arco dell'anno solare - ora la novella in esame pone invece il parametro che la durata complessiva superi gli otto mesi annui per due anni consecutivi -; b) che il corrispettivo derivante da tale collaborazione ("anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d'imputazione di interessi") costituisca più dell'80 per cento dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell'arco dello stesso anno solare - riguardo a quest'ultima base di calcolo, ora la novella fa invece riferimento ai corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di due anni solari consecutivi; su tale base si commisura, per ciascuno dei due anni solari, il corrispettivo annuo derivante dalla collaborazione in oggetto -; c) che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.
Si ricorda che è fatta salva la prova contraria da parte del committente e che la presunzione si applica con riferimento ai rapporti instaurati successivamente al 18 luglio 2012 (data di entrata in vigore della L. n. 92 del 2012); per i rapporti già in corso, la presunzione si applica decorsi dodici mesi dalla medesima data. Da tale complesso di norme sono escluse alcune fattispecie, in relazione alla tipologia della prestazione o al livello (pari o superiore ad un determinato valore) del reddito annuo da lavoro autonomo del soggetto prestatore. La legge corregge alcune stortura più gravi e manifeste di questo autentico monstrum della riforma Monti-Fornero, lasciando però impregiudicate molte problematiche applicative. Il DL avrebbe potuto essere l'occasione per inquadrare meglio la ratio della ripartizione dei compensi. Chè se è intesa dal legislatore in senso meramente matematico, finisce per determinare un caratteristico "effetto lotteria", col lavoratore autonomo esposto alla conversione in lavoro subordinato, solo perchè l'altro Committente ... non paga. A prescindere dai pesanti rilievi di legittimità costituzionale di una simile interpretazione, l'intervento correttivo del DL Sviluppo è stato modesto e ciò determina la necessità di altri interventi correttivi sulle Partite IVA senza porre altro indugio, proprio per favorire quelle posizioni professionali, imprenditoriali/autonome per necessità, che hanno iniziato con un solo Committente, ma che si trovano al momento cruciale della loro vita professionale, ovvero l'allargamento delle Committenze (momento chè non può essere reso tanto gramo e precario da una fastidiosa presunzione di lavoro subordinato). Cerchiamo, almeno in sede interpretativa, di rimediare a questo monstrum tecnico-giuridico, valutando la ripartizione dei compensi di cui alla legge 92/2012, come indice di "dolosa simulazione", al caso cioè in cui gli altri Committenti siano semplici "uomini di paglia" del Committente dominante (fattispecie non infrequente nell'edilizia). Cercando quindi di colpire anche queste false "pluricommittenze", anche oltre le soglie di ripartizione dei compensi fissate dalla legge (sennò la regolamentazione sarebbe davvero una farsa!).

D) LAVORO ACCESSORIO: Si amplia, in via transitoria, l'àmbito di applicazione dell'istituto del lavoro accessorio, prevedendo (lettera d) del comma 1) che, per l'anno 2013, prestazioni di lavoro accessorio possano essere rese, in tutti i settori produttivi e compresi gli enti locali, da parte di percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, nel limite massimo di 3.000 euro di corrispettivo per anno solare; resta fermo, per i committenti pubblici, il rispetto dei vincoli stabiliti dalla disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno. L’INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa, relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio. Si coglie l’occasione di ricordare che l'istituto del lavoro accessorio consiste in prestazioni di natura meramente occasionale, ammesse a determinate condizioni. Tali prestazioni sono retribuite mediante buoni dal valore unitario prefissato. Emendamento doveroso, dato l'ampio uso del "lavoro accessorio" come forma di ricollocazione di personale soggetto a Cassa Integrazione (a maggior ragione dovuto dopo la drastica riforma delle pensioni di dicembre). Al momento pare di potersi dire che la tecnica legislativa appare più armonica di quanto non lo fosse con il vecchio intervento della l. 33/2009, quando tale previsione era stata introdotta col limite di E. 3.000 per anno solare, con ciò introducendo un grave disallineamento nella regolamentazione del "lavoro accessorio", fino alla legge 92/2012 ancorato su una descrizione del "volume di compensi" per "Committente" e non per "anno solare". Dizione quest'ultima, invece, adottata dalla riforma Monti-Fornero, allineando così la previsione generale del lavoro accessorio (art. 70 D.lgs. 276/2003) alla previsione speciale ex. l. 33/2009 per Cassintegrati etc.

II) PREVIDENZA E AMMORTIZZATORI SOCIALI:

A) INDENNITA' DI MOBILITA': Si modifica (lettere e) ed f) del comma 1) la disciplina sulla durata dell'indennità di mobilità nella fase transitoria di passaggio da quest'ultimo istituto al nuovo trattamento di disoccupazione (Assicurazione sociale per l'impiego - ASpI e mini-ASpI -). In particolare, la novella di cui alla lettera e) estende ai lavoratori collocati in mobilità nel corso dell'anno 2014 la medesima disciplina sulla durata dell'indennità di mobilità prevista per quelli collocati nel 2013, disciplina che è identica a quella già stabilita dalla normativa ordinaria sull'istituto medesimo. In base a quest'ultima, la durata dell'indennità è pari a 12 mesi, ovvero a 24 mesi per i soggetti che abbiano compiuto i 40 anni e a 36 mesi per quelli che hanno compiuto i 50 anni; tali periodi sono, tuttavia, aumentati nel territorio del Mezzogiorno, rispettivamente, a 24, 36 e 48 mesi. L'attuale disciplina transitoria per i lavoratori collocati in mobilità nel corso del 2014 dispone che la durata sia pari, rispettivamente, a 12, 24 e 30 mesi e, nel territorio del Mezzogiorno, a 18, 30 e 42 mesi. Si ricorda che la normativa transitoria concerne, in termini diversi, anche i lavoratori collocati in mobilità nel corso del 2015 e del 2016. Riguardo al nuovo trattamento di disoccupazione (ASpI), esso concerne gli eventi di disoccupazione successivi al 31 dicembre 2012 (ad eccezione dei soggetti collocati in mobilità entro il 31 dicembre 2016); la durata del nuovo trattamento, in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi, rispettivamente, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e nel periodo 1° gennaio 2013-31 dicembre 2015, è disciplinata dal comma 11 e dal comma 45 dell'art. 2 della L. n. 92 del 2012. Ai sensi della novella di cui alla lettera f) del presente comma 1, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro il 31 ottobre 2014, 
procede, insieme con le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ad una verifica della "corrispondenza" tra le prospettive economiche ed occupazionali e la disciplina transitoria sulla durata dell'indennità di mobilità, con il fine di proporre, se necessarie e compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, iniziative per perseguire la suddetta "corrispondenza"

B) NUOVE DECORRENZE INCREMENTI ALIQUOTE CONTRIBUTIVI AUTOMI GESTIONE SEPARATA INPS:
L'intervento politicamente più rilevante per il "popolo delle Partite IVA".
Si modifica (lettera g) del comma 1) la disciplina relativa all'incremento dell'aliquota contributiva pensionistica per gli iscritti alla cosiddetta gestione separata INPS e della corrispondente aliquota per il computo delle prestazioni pensionistiche (nella gestione separata si applica il sistema contributivo integrale ai fini del riconoscimento e del calcolo del trattamento pensionistico).
Si ricorda che, per il 2012, entrambe le aliquote sono pari al 27 per cento, ovvero al 18 per cento per i casi in cui il soggetto sia iscritto anche ad altra forma pensionistica obbligatoria o sia già titolare di un trattamento pensionistico. La novella di cui al comma 57 dell'art. 2 della L. n. 92 del 2012 ha previsto un incremento progressivo delle due aliquote, a decorrere dal 2013, fino al conseguimento delle misure, rispettivamente, di 33 e di 24 punti percentuali, a decorrere dal 2018.
L'ulteriore novella di cui alla presente lettera g) modifica le norme sugli incrementi; tra l'altro, si differisce dal 2013 al 2014 l'inizio della progressione per quanto concerne l'aliquota ordinaria, mentre, riguardo all'aliquota ridotta, si accelera la relativa progressione ed il suddetto valore a regime di 24 punti percentuali decorre già dal 2016.
Presso la gestione separata sono iscritti, va ricordato, anche i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa ed i lavoratori autonomi non rientranti in altre forme pensionistiche obbligatorie.

C) DISCIPLINA TRANSITORIA CIG STRAORDINARIA: Si modifica (lettera h) del comma 1) la disciplina sull'intervento di integrazione salariale straordinaria nei casi di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa, di amministrazione straordinaria e di omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni, nonché nei casi di aziende sottoposte (ai sensi della normativa contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso) a sequestro o confisca.
In merito, la novella conferma l'abrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, di tale tipo di intervento di integrazione salariale straordinaria, ma modifica, per il periodo precedente l'abrogazione, la relativa disciplina, ammettendo l'intervento quando sussistano prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi, definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Nella disciplina vigente, l'intervento è ammesso in tutti i casi in cui la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata. Sarebbe forse opportuno specificare quale normativa si applichi nel periodo precedente l'emanazione del suddetto decreto ministeriale.


D) MONITORAGGIO MINISTERIALE ACCORDI SINDACALI DI CRISI AZIENDALI: Si prevede (lettera i) del comma 1) che i contratti e gli accordi collettivi di gestione di crisi aziendali che contemplino il ricorso agli ammortizzatori sociali siano depositati presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, secondo modalità indicate con decreto direttoriale e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Dopo la vicenda "esodati", il Ministero del Lavoro si dota di uno strumento di più incisivo controllo su queste complesse vicende aziendali dalla incisiva ricaduta previdenziale.

III) ALTRE DISPOSIZIONI:

A) COMPUTO BASE OCCUPAZIONALE ASSUNZIONI DISABILI: Si modificano (lettera l) del comma 1) i criteri di determinazione della base di computo - costituita, in linea di massima, dai lavoratori dipendenti del datore di lavoro - per l'applicazione degli obblighi di assunzione delle categorie protette (obblighi di cui alla L. 12 marzo 1999, n. 68). La nuova norma esclude dalla base di calcolo i lavoratori dipendenti a tempo determinato con contratto di durata non superiore a sei mesi. Si ricorda che, nella disciplina previgente rispetto alla novella di cui alla L. n. 92 del 2012, erano esclusi dalla base di computo i dipendenti a tempo determinato con contratto di durata non superiore a nove mesi, mentre la L. n. 92 del 2012 ha soppresso tale esclusione. La disposizione, quindi, è di pretto sapore "correttivo".
B) TRATTAMENTO LAVORATORI IN CASO DI TRASFERIMENTI D'AZIENDA IN CASO DI CRISI AZIENDALE: Il comma 2 del presente articolo 46-bis concerne la disciplina sul mantenimento dei diritti dei lavoratori nei casi di trasferimento d'azienda o di parte di essa.
La novella di cui al comma 2 amplia le fattispecie di trasferimento per le quali un eventuale accordo sindacale, concluso in merito al mantenimento, anche parziale, dell'occupazione, sia legittimato a porre limitazioni al principio della conservazione dei diritti dei lavoratori. Le nuove ipotesi di trasferimento in oggetto sono quelle relative alle aziende per le quali vi sia stata la dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo o per le quali vi sia stata l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti.
Si ricorda che le fattispecie di trasferimento già individuate, ai fini suddetti, dalla disciplina vigente sono quelle relative alle aziende delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale (a cui è connesso l'intervento di integrazione salariale straordinaria) o per le quali sia stata disposta l’amministrazione straordinaria (con continuazione o mancata cessazione dell'attività). Va comunque precisato che questa parziale abilitazione "derogatoria" dei "diritti acquisiti" affidati alla contrattazione collettiva subisce la concorrenza di un'altra disposizione l'art. 08 DL 138/2011 che ammetta la più ampia facoltà di deroga agli istituti giuslavoristici quali rapporto a termine, videosorveglianza etc. e non appare del tutto chiaro il coordinamento con questa specifica disposizione del DL Sviluppo. Disposizione, però, che presa alla lettera, manifesterebbe come quid novi la capacità di tali accordi di incidere anche sui trattamenti economici, aspetto non inciso dalla previsione dell'art. 08. Dispiace, però, che una disposizione così incisiva e per certi versi peggiorativa dell'art. 08 cit., non presenti un disposto equivalente nel senso di abilitare a tali interventi derogatori i Sindacati "maggiormente rappresentativi" come rilevati dall'accordo 28 giugno 2011 (di fatto recepito a livello legislativo nel corpo del DL 138/2011). 

Questo è quanto al momento si può dire sull'assetto vigente della riforma Monti-Fornero, come modificata dal DL Sviluppo. 
Astenendoci da ulteriori considerazioni di politica legislativa, per non sconfinare nel "pettegolume" delle cronache parlamentari attuali, è comunque presto per pronunciarsi su tali effetti "di struttura" dell'art. 46-bis DL Sviluppo. DL Sviluppo, che, al momento, rappresenta comunque un consistente "cedimento" dell'Esecutivo alle logiche di concertazione e gestione consensuale della produzione normativa (sia pure avvenuta "per interposta persona" tramite i partiti della maggioranza), secondo prassi già invalse nella normativa lavoristica (pensiamo al DL 236/1993 che previde un istituto, le agevolazioni per la "mobilità senza assegni", che da transitorio divenne praticamente definitivo, perchè confermato di anno in anno). Trattasi comunque di interventi che non consentono di avviare interventi radicali di razionalizzazione entro una materia, il diritto del lavoro e previdenziale, già oggetto di interventi puntiformi e alluvionali anche per le troppe transazioni politico-sociali cui nel tempo si è prestato.
Dr. Giorgio Frabetti,
Consulente d'Azienda in Ferrara

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