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venerdì 7 settembre 2012

LE COCOPRO PER LE ATTIVITA' DI VENDITA DIRETTA DI BENI E SERVIZI OUTBOUN NEI CALL CENTER


Tra le misure innovative incidenti sulla materia lavoristica disposte dal DL 83/2012 (cd DL Sviluppo), è da ricordare l'oscura e decisamente esoterica disposizione dell'art. 26 che modifica il preambolo dell'art. 61 D.lgs. 276/2003 (legge Biagi).
Sarebbe troppo lungo entrare nell'esame dettagliato della norma per la complessa struttura sintattica che essa presenta, ma in questa sede diremo quanto segue.
Ognuno ricorderà che l'obbligo del progetto nelle collaborazioni è previsto in tutti i casi, salvo:
 
-Agenti e Rappresentanti di Commercio;
-Liberi Professionisti con Ordine
etc.
 
Ora, tra questi soggetti "esonerati" sono compresi anche
"le attività di vendita diretta di beni e di servizi realizzate attraverso call center 'outbound' per le quali il ricorso ai contratti di collaborazione a progetto è consentito sulla base del corrispettivo definito dalla contrattazione collettiva nazionale di riferimento".
Come segnala Il Sole 24 Ore del 04/08 us (articolo di Giampiero Falasca), la disposizione esonera dal "progetto" le attività di questo tipo.
Dubbi, però, sorgono in relazione alla circostanza che a questi fini il DL Sviluppo richieda che i compensi sviluppati dal collaboratore siano paragonabili a quelli previsti (evidentemente per la Dipendenti dalla mansione equivalente) dal CCNL Commercio.
Alla lettura al momento possibile di questa disposizione, parrebbe cioè che tali collaborazioni, disponendo di tali requisiti economici, siano considerate genuine anche senza progetto (naturalmente, la prova del lavoro dipendente è sempre possibile, ma compete al lavoratore invertire l'onere della prova). Viceversa, per le collaborazioni che tali compensi non sviluppino, occorre il "progetto", sennò c'è conversione automatica di lavoro subordinato.
La disposizione, invero oscurissima, si lascia però leggere in parallelo con quella delle cd "finte Partite IVA".
Non può non colpire a questo fine il parallelismo tra questa nuova versione dell'art. 61 D.lgs. 276/03 e la parte della legge Monti-Fornero che esonera dalla "presunzione di lavoro dipendente" quelle collaborazioni a Partita IVA che sviluppino un certo volume di compensi (pari ad 1,25 il minimale INPS Commercianti).
Una disposizione che fa arricciare il naso ai lavoristi che accusano come un "sommare patate con fagioli" la pretesa di valutare il lavoro autonomo con criteri economici mutuati dal lavoro dipendenti, ma la cui logica civilistica si lascia cogliere nel tentativo (maldestro fin che si vuole, ma coerente) del legislatore di definire un ambito di aspettativa di "ragionevole soddisfazione economica" del lavoratore autonomo, per evitare la spirale di un contenzioso altrimenti ingovernabile e dai riflessi imprevedibili. In questo senso, la chiave di volta per la risposta sta nella natura non tanto "contabile", quanto "giuridica" del corrispettivo del lavoratore autonomo che, come da manuali istituzionali di diritto civile, si definisce non solo "sinallagmatico" (l'obbligazione al compenso del Committente dipende dall'esatto adempimento dell'obbligazione del lavoratore autonomo), ma anche "commutativo", ossia espressivo di reciproca utilità e soddisfazione economica (e tale da determinare una ragionevole "mancanza di interesse" ad agire in contenzioso).
Tra l'altro la disposizione prevista per le collaborazioni outbound del DL Sviluppo segna un sensibile miglioramento rispetto alla disciplina sulle Partite IVA, perchè riferisce la disposizione "agevolativa" sui compensi non tanto ai "compensi incassati" (come nelle Partite IVA, per cui si verifica quel vergognoso "effetto lotteria" da Noi descritto in altro post), ma ai "compensi definiti" in contratti, quindi secondo un criterio di competenza. La qualificazione contrattuale non rischia di dipendere (come per le Partite IVA) dalla puntualità dei pagamenti del Committente.
Restiamo a disposizione per aggiornamenti.

Dr. Giorgio Frabetti
Consulente d'Azienda in Ferrara


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