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giovedì 11 ottobre 2012

DIMISSIONI LAVORATRICE MADRE- UN CASO PARTICOLARE

E' stato rappresentato il caso di una Lavoratrice che si sia dimessa regolarmente (quindi, con preavviso etc.) e abbia poi successivamente convalidato le dimissioni con la sottoscrizione del cedolino SARE apposito, ma di cui sopravvenga la certificazione dello stato di gravidanza precedente alle dimissioni.
Trattasi di un caso non poco ingarbugliato.
Come noto, è dal giorno della certificazione che si intende operante il divieto di licenziamento della Lavoratrice madre (e il corrispondente periodo di conservazione del posto), stante la disposizione di cui all'art. 54.01°comma secondo la quale "il divieto di licenziamento ... opera in connessione con lo stato oggettivo della gradidanza ...".
Certamente, in queste condizioni, è legittimo un dubbio: per le Lavoratrici Madri, infatti, la l. 92/2012 (Riforma Monti-Fornero) ha disposto una speciale procedura di convalida delle dimissioni che esclude la modalità semplificata della sottoscrizione del SARE e impone comunque la conferma avanti la DPL. Quindi, a rigore, per il periodo di gravidanza, dovrebbe valere solo questa procedura.
Dovrebbe allora concludersi per la nullità delle dimissioni frattanto disposte con il SARE?
Si deve partire al riguardo da una constatazione.
Sulla tutela delle dimissioni della Lavoratrice madre grava un vincolo di costituzionalità, stante la speciale tutela riconosciuta alla Lavoratrice madre ex. art. 37 Cost.
Con questo, l'adeguamento delle tutele della Madre alla riforma Monti-Fornero deve tener conto della necessità di non dimunire la soglia di protezione di questa particolare categoria di Lavoratori. A mio modesto giudizio, però, questa considerazione deve bilanciarsi con l'ulteriore considerazione che la legge Monti-Fornero ha operato altresì una decisa "rimodulazione" delle tutele frutto della l. 92/2012, con ciò rendendo i vincoli delle dimissioni patrimonio non solo delle Lavoratrici madri, ma di tutti i Lavoratori e le Lavoratrici, anche non interessati da questi eventi.
Con ciò, a Ns. modesto giudizio (ma il punto va fatto oggetto di specifiche in sede ministeriale), la legge ha elevato la "credibilità" di un negozio giuridico, quale le dimissioni, prima sospetto e nel limbo delle incertezze.
Pertanto, un simile negozio giuridico, in qualunque momento posto in essere, se gestito secondo le nuove procedure, gode di una attendibilità intrinseca.
Di qui, sarei a ritenere coerente che le dimissioni della Lavoratrice madre, anche se poste in essere in un periodo di gravidanza, sconosciuto al Datore al momento della procedura, debbano comunque ritenersi validamente espresse e acquisite come fatto estintivo del rapporto di lavoro.
Anche perchè (lo ricordiamo) è da sempre consolidato il principio secondo cui la tutela della maternità e contro il licenziamento, vale fino a rinuncia/dimissioni dell'interessata validamente espresse (e come dubitare della validità dopo la generalizzazione delle tutele contro le dimissioni in bianco a favore di tutti i Lavoratori?).
Certo, la speciale condizione della Lavoratrice non la esime dal godere di particolari tutele: in questo caso, ad esempio, dovrà essere ammessa all'indennità di disoccupazione (dal 01/01/2013, ASPI), perchè ex. art. 54.01°comma alle "dimissioni volontarie" della Lavoratrice Madre spetta tale indennità. E si noti che tale tutela rafforzata contro la disoccupazione è subordinata dal legislatore all'intervenire di mere "dimissioni volontarie", senza specificare che queste debbano riferirsi alla procedura di cui al 04°comma dell'articolo. L'aggettivo "volontarie" richiama un canone di genuinità e spontaneità delle dimissioni che, nel caso di specie, non può ritenersi escluso.
A queste condizioni, ci pare superfluo procedere alla rinnovazione della procedura avanti alla DPL: almeno fino a diversa disposizione ministeriale.

Dr. Giorgio Frabetti
Consulente d'Azienda in Ferrara

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