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mercoledì 3 ottobre 2012

LE COCOPRO PER PROFESSIONI SOCIO-ASSISTENZIALI: COSA CAMBIA CON LA RIFORMA MONTI-FORNERO



CASO:
Siamo una Cooperativa che eroga servizi socio-assistenziali con personale assunto a progetto, che si reca presso i domicili dei degenti per svolgere servizio. La contrattualistica a progetto è stata disconosciuta dagli Ispettori del Lavoro e ciò arreca notevoli criticità di ordine organizzativo e finanziario alla Struttura. Abbiamo chanches per imbastire un ricorso per vederci riconosciuta la legittimità della cocopro? E cos'è cambiato con la riforma Monti-Fornero?

RISPOSTA:
Senza scomodare più di tanto la riforma Fornero (che sul punto ha solo consolidato una normativa già esistente), la vera disposizione-quadro per rispondere al caso sottopostoci, è l'Interpello nr. 05/2010, con il quale il Ministero del Lavoro è stato chiamato ad esprimere un proprio parere sulla legittimità dell'uso delle cocopro nel settore assistenziale.
Nel caso di specie, il Ministero è stato interpellato per valutare l'uso della cocopro in presenza delle seguenti condizioni:
 
- La prestazione assistenziale è resa al domicilio del soggetto assistito, ovvero presso strutture ospedaliere, in assenza di superiori;
- Al collaboratore è riconosciuta ampia autonomia tecnica e metodologica;
- Il Committente si limita ad impartire direttive minime al Collaboratore;
- Al collaboratore è riconosciuta la facoltà di non accettare singoli interventi di assistenza proposti dal Committente nell'ambito del rapporto contrattuale;
-Gli operatori sono agenzie, costituite in forma di Cooperative Sociale, aventi per Statuto la prestazione di assistenza ai bisognosi.
 
Come si può ben capire, il Ministero, lavorando per così dire in "punta di diritto", lascia impregiudicata la valutazione del contratto in punto di fatto. 
Il Ministero, poi, precisa quanto segue:
 
"Nella fattispecie in esame, assume particolare rilievo la circostanza che il collaboratore concordi direttamente con il fruitore del servizio ogni profilo attinente la tipologia delle prestazioni necessarie, gli orari dell'assistenza, la durata presumibile della stessa, come pure che il collaboratore possa accettare o meno gli incarichi proposti dalla Cooperativa. In tale quadro, fermo restando quanto sopra, sembrerebbe dunque potersi propendere per un'effettiva autonomia del rapporto tra collaboratore e cooperativa".
 
Il condizionale utilizzato in questo scorcio dell'Interpello è quantomai eloquente.
In ogni caso, da questo passaggio dell'Interpello del Ministero del Lavoro parrebbe confermato (anche nelle more della Monti-Fornero) un assunto essenziale per il discernimento della genuinità della cocopro: tanto più le mansioni del Collaboratore siano caratterizzate da tecnicalità (infermiere professionale, fisioterapia e simili) tanto più il contratto dispone disporre di chanches di sopravvivenza. Tale non è, invece, la casistica della cococo per una mera "assistenza di base", la quale pone inevitabilmente la Cooperativa in una posizione "di lotta" (nel senso che la genuinità della cococo è tutta da dimostrare).
Una circostanza che determina un'ulteriore condizione di svantaggio per queste cococo è desumibile, inoltre, dal combinato disposto di due diverse disposizioni, contenute rispettivamente nel "collegato lavoro" (non riformato dalla legge 92/2012) e nella giurisprudenza (relativa alle cococo nei call center).
Il "collegato lavoro" contiene una disposizione dall' impatto applicativo non trascurabile: il collegato, infatti, ammette espressamente le prestazioni di "lavoro autonomo occasionale" (art. 61 D.lgs. 276/2003) nelle prestazioni assistenziali di lavoro domestico. Questa disposizione, pur non utilizzabile dalla Cooperativa (la l. 142/2001 vieta il "lavoro occasionale" nelle cooperative), pare, però, aprire uno spiraglio a favore della legittimità delle cococo in un contesto assistenziale: essa, infatti, avvallerebbe l'argomento (oggi rifiutato dalla DPL) secondo cui prestazioni assistenziali, anche generiche, sarebbero compatibili con il lavoro autonomo e "a progetto", in particolare.
Devesi, però, considerare che questa fattispecie è codificata solo per un caso: quello di utilizzazione diretta del mini-coco da parte della famiglia; non del caso in cui lo stesso sia ingaggiato in out sourcing-appalto da terzi (ovvero Cooperative). E purtroppo, la circostanza che il cococo sia ingaggiato dalla Cooperativa e distaccato presso l'assistito (come succede frequentemente) configura un regime di distacco organizzativo che è del tutto sovrapponibile al lavoro in out sourcing: una simile modalità di utilizzo delle cocopro è stata dichiarata illegittima in modo molto netto e grave dal Trib. Livorno 08/01/2008; in ogni caso, quando la famiglia ha convenuto con la Cooperativa di "distaccare" un Collaboratore, non è credibile che il cococo possa recarsi sul luogo di lavoro quando vuole: parrebbe più credibile che vi ci si rechi negli orari convenuti "a monte".
Il che significa che in questo contesto organizzativo complesso (tipico del lavoro di cooperativa) non c'è di fatto spazio per quelle determinazioni orarie autonome del collaboratore, che salvaguarderebbero la genuinità del contratto.
Per questi motivi, non è realistico fare affidamento sulle cocopro come modalità organizzativa del lavoro in Cooperativa.

Dr. Giorgio Frabetti
Consulente d'Azienda in Ferrara

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