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martedì 13 novembre 2012

RAPPORTI A TERMINE, QUALI ACCORDI SINDACALI ADOTTARE


Non c'è bisogno di riepilogare quanto la recente riforma Monti-Fornero si sia dilungata nell'ampliare l'intervento della contrattazione collettiva nell'ambito dei rapporti a termine.
Ultimamente, sulla materia dei rinnovi e proroghe è intervenuta la Circolare Min. Lav. 27/2012.
Questo complicatissimo congegno pone alcuni problemi di coordinamento, da un lato, con le fonti collettive vigenti e con la recente riforma dell'art. 08 DL 138/2011, che ha ammesso i cd "accordi di prossimità".
Ma iniziamo con ordine.
Per quanto concerne i rapporti a termine cd "acausali", il legislatore è intervenuto per precisare che i "sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale" possono ampliare l'uso dei contratti "acausali" in determinate circostanze (allungamento di Commesse, servizi innovativi etc.), precisando che la disciplina può avvenire o nelle fonti nazionali (tipicamente interconfederali) o "delegate". Come poi precisato dalla Circolare 18/2012, il Ministero del Lavoro ha argomentato l'esclusione in questo caso dall'applicabilità delle "intese di prossimità" ex. art. 08, avendo infatti stabilito per questa disciplina una specie di "riserva regolamentare" in capo alla contrattazione nazionale, riservando l'intervento della contrattazione "locale" solo a casi espressamente delegati dalla disciplina nazionale, e mai fuori dai suoi ambiti.
Deve, però, notarsi che una specifica di questo tipo non è stata introdotta per la disciplina dei rinnovi, dove viceversa si ammette la contrattazione collettiva di "qualsiasi fonte", quindi, ammettendo indifferentemente fonti nazionali, regionali, aziendali etc. In ipotesi anche "intese" di prossimità.
Non si può escludere che questa smagliatura sia stata indotta dallo stratificarsi in breve tempo dei due interventi legislativi costituiti dalla l. 92/2012 e dalla l. 134/2012 (conv. in legge del DL 83/2012, DL Sviluppo).
Sulla carta, per queste fonti, si determina un regime di "concorrenza", e di differenziazione applicativa in base al regime di accertamento della rappresentatività (una rappresentatività "presunta" in un caso, una rappresentatività ex Accordo 28/06/2011 nell'altro caso). Si coglie altresì l'occasione di precisare che l'intesa "di prossimità" potrebbe anche apparire più efficace e accattivante per la contrattazione aziendale, perchè, ove supportata dai requisiti rappresentativi di cui all'Accordo Interconfederale, l'intesa si applica erga omnes, a tutti i lavoratori anche non iscritti.
Non si può escludere, quindi, l'attrattiva di questa tecnica normativa, almeno per quelle Aziende più capaci di "osare" e di forzare la mano ad un Sindacato che omette di intervenire a colmare lacune della disciplina del contratto a termine. Va da sè, però, che in questo caso a fare la differenza è la "posta in gioco" politica coinvolta dalla contrattazione di prossimità: che diventa un passaggio neutro e quasi burocratico, se si tratta solo di anticipare a livello aziendale, contenuti di intese già in via di definizione a livello nazionale, quindi, destinate al consolidamento; che diventa, invece, passaggio più complesso, se le resistenze all'innovazione da parte del Sindacato sono maggiori.
Certamente, non si può trascurare che la contrattazione di prossimità, proprio per la sua efficacia erga omnes, dispone di un potere di consolidamento della normativa lavoristico sindacale molto forte, e che non può essere trascurato nell'opera di implementazione della riforma Monti-Fornero.
Restiamo a disposizione per aggiornamenti

Dr. Giorgio Frabetti
Consulente d'Azienda in Ferrara

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