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lunedì 17 dicembre 2012

MATERNITA' DELLA LAVORATRICE IN ASPETTATIVA


Quesito:
Io lavoro in Germania e la mia compagna, assunta a tempo indeterminato come Tecnico di radiologia, é in aspettativa a tempo indeterminato da ottobre 2011 per ricongiungimento con coniuge/convivente stabile prestante servizio all’estero.
Adesso da ottobre 2012 é di nuovo incinta e ha inoltrato ad Asl e DTL domanda di interdizione anticipata per gravidanza a rischio (come per la prima gravidanza).
Non le viene riconosciuto il diritto all’interdizione anticipata, motivando l’ aspettativa senza retribuzione (di cui lei fruisce) come condizione impeditiva per accedere alla maternità anticipata.
Contemporaneamente, però, Le dicono anche che non può rientrare al lavoro per un giorno come Tecnico di Radiologia. La mia compagna, infatti, ha fatto questa richiesta per far ripartire la richiesta, ma le dicono che Lei è comunque in gravidanza a rischio non la possono riammettere. Com’è possibile che sia riconosciuta “a rischio” per non riammetterla al lavoro e non per il trattamento di maternità? Grato di una risposta.

Risposta:
La situazione della Sua compagna non va riguardata solo sotto la specie dell'art. 24 D.lgs. 151/2001, ma anche dell'art. 17. 
Ai sensi dell'art. 17, l'accertamento ASL e della DTL può effettivamente produrre il divieto di adibizione al lavoro della lavoratrice in gravidanza, in quanto rientrante nelle previsioni legislative e ministeriali e, in questo senso, giustificare il rifiuto del suo Datore di Lavoro a riassumerla. Ciò premesso, però, si deve anche precisare che, dal riconoscimento dello stato "a rischio" della maternità (che in sè attiene a profili di sicurezza/igiene del rapporto di lavoro), non consegue automaticamente il diritto al trattamento, se ex. art. 24 lo stato di gravidanza, certificato dal Medico competente, con relativa individuazione del periodo virtualmente "protetto", è intervenuto oltre 60 gg. dopo l'inizio dell'aspettativa. A queste condizioni, pertanto, non è dovuto alcun trattamento di maternità.
Certo, la Sua compagna può offrire la prestazione di lavoro per un determinato periodo di giorni e recuperare il diritto all'indennità, ma solo a condizione che sia disponibile a negoziare un reimpiego con mansioni diverse e non pericolose: accordo il cui esito evidentemente è subordinato alla verifica dell'effettiva disponibilità in Azienda di un'eventuale opportunità di riallocazione.



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