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venerdì 25 gennaio 2013

LA COPERTURA PREVIDENZIALE INPS DOPO LA REINTEGRA EX. ART. 18 ST. LAV. (COME MODIFICATO DALLA MONTI-FORNERO)


Qualche nota in merito alla gestione dei riflessi previdenziali successivi all'ordine di reintegra del Giudice del Lavoro, a seguito di licenziamento illegittimo, nelle ipotesi residualmente applicabili, dopo il "prosciugamento" dell'art. 18 l. 300/1970, operato dalla l. 92/2012.
La legge, riprendendo de plano, quanto già previsto dalla versione dell'art. 18 cit. ex. l. 108/1990, si limita a precisare che sono dovuti "i contributi previdenziali e assistenziali" per il periodo oggetto della sentenza di reintegra, eccezion fatta per gli interessi che, nel caso del comma 04 dell'art. 18, non sono dovuti.
La disposizione non brilla per esaustività e per chiarezza, anche se va detto che la disciplina, già molto scarna e controversa, si era già sufficientemente assestata, dopo un lungo e travagliato dibattito giurisprudenziale, con Cass. sez. un. 05/07/2007 nr. 15143.
Riepilogando un'elaborazione giurisprudenziale risalente (partita da Cass. 1927/1976 per giungere al cruciale pronunciamento della Consulta con sentenza 07/1986), la giurisprudenza si è assestata nel ritenere che l'effetto precipuo della reintegra sia la salvaguardia della "continuità giuridica" del rapporto di lavoro.
Continuità giuridica che significa permanenza di ogni effetto normativo ed economico connesso con la virtuale funzionalità del rapporto: su questa base, il rapporto previdenziale-assicurativo deve intendersi, secondo i Giudici, pienamente in efficienza, ai fini degli effetti connessi con l'imponibilità previdenziale delineati dal D.lgs. 314/1997.
Quindi, se la reintegra ha ad oggetto rapporti a 40 h settimanali, la contribuzione opera con tale copertura giornaliera oraria; se part time, con la diversa copertura e così via. Si prescinde dalle poste risarcite, che non siano afferenti a retribuzioni perse; in nessun caso, però, eventuali limiti al risarcimento (es. il nuovo limite massimo di indennizzabilità di 12 mesi introdotto dall'art. 18.04°comma l. 300/1970, come modificato dalla l. 92/2012: la cd "reintegra soft")
Qualche accenno al caso in cui, per effetto della sentenza del Giudice, la retribuzione riconosciuta al Dipendente sia inferiore a quella teoricamente spettante per la virtuale permanenza del rapporto di lavoro durante il processo: casi oggi sempre più rilevanti (almeno sulla carta), dato l'ampio riconoscimento delle formule dell'aliunde perceptum (quanto percepito dal Dipendente durante il processo in forza di diversa prestazione di lavoro) o dell'aliunde percipiendum(quanto il Lavoratore avrebbe potuto percepire se si fosse attivato con diligenza alla ricerca di un altro posto di lavoro).
Cosa succede se il risarcimento delle perdite retributive viene corrispondentemente ridotto in forza di queste clausole?
Di massima, non dovrebbe succedere nulla di speciale, dovendosi seguire linearmente il D.lgs. 314/1997 cui inevitabilmente ci riporta la considerazione che, grazie alla reintegra ex. art. 18 l. 300/1970, il rapporto si considera pienamente in efficienza dal punto di vista giuridico.
Quindi, in caso di compresenza di rapporti di lavoro dipendenti, i contributi maturano in corrispondenza delle rispettive quote orarie-giornaliere, come in tutti i casi di rapporti di lavoro compresenti.
Una parziale eccezione pare rappresentata dal caso in cui il Lavoratore, nelle more del processo per licenziamento illegittimo, abbia acceso una prestazione di lavoro presso altra Gestione Previdenziale (pensiamo, ad esempio, all'accensione di un rapporto a Partita IVA con accredito in Gestione Separata INPS). In questo caso, il Datore è tenuto esclusivamente a corrispondere il "differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall'illegittimo licenziamento (calcolata sulla retribuzione giuridicamente dovuta in forza dell'ordine di reintegra ex. art. 18 l. 300/1970, nota mia) e quella accreditata al Lavoratore, in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative". In capo al Datore condannato con la reintegra incombono, però, i necessari costi di trasferimento della contribuzione succitata nella corrispondente Cassa per i Lavoratori Dipendenti: ma non diciamo altro, essendo questo aspetto della disciplina ancora decisamente nell'ombra e poco chiaro.
 
Dr. Giorgio Frabetti-Ferrara
Collaboratore Studio Francesco Landi (Consulente del Lavoro, in Ferrara)
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