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martedì 26 febbraio 2013

LA COCOCO INVISIBILE: STORIA DI UN AVVOCATO (DA "LA NUVOLA DEL LAVORO")

AVVERTENZA: Pubblichiamo la lettera aperta di un Avvocato giuslavorista che sul Blog La Nuvola del Lavoro denuncia la paradossale situazione sua e di tanti altri colleghi che versano nell'ibrido regime della cococo "professionale". Vai al link: http://nuvola.corriere.it/2013/02/17/lettera-alla-nuvola-io-avvocato-invisibile-del-diritto-del-lavoro/


Io sono un apolide, un “invisibile” dell’ordinamento giuslavorista. Sono un collaboratore coordinato e continuativo, un co co co. Per me, non si applica nessuna norma dell’ordinamento giuslavorista perché non esiste nessuna norma. Tenuto conto che mi occupo di diritto del lavoro la cosa è alquanto paradossale.
“Ma come-qualcuno potrà replicarmi- hai tutte le tutele previste dalla riforma Fornero che restringe l’uso di questi contratti prevedendo regole ben precise; violate queste regole, per la riforma Fornero (ma lo diceva anche la legge Biagi) si presume la subordinazione e quindi l’applicazione di tutte le norme del diritto del lavoro,anche dei contratti collettivi.”
Preciso: io sono un co co co iscritto a un albo professionale quindi tutte le regole previste dalla riforma Fornero a me non si applicano. La Riforma esplicitamente mi esclude da tali regole ma non mi dice quali regole debbano applicarsi alle persone come me.
Non certo le regole del rapporto subordinato (sono un lavoratrice che svolge il lavoro in autonomia e non sono sottoposta a direttive o a procedimenti disciplinari) e non quelle del contratto d’opera disciplinato dal vecchio codice civile del 1942 perché la mia non è un’ “opera” ma una prestazione continuativa e coordinata a quella degli altri collaboratori del committente dal quale, ed è questo il punto dolens, si dipende economicamente.
La Riforma Fornero ha ammesso che esistiamo (bè è già qualcosa),ma come si regola il nostro rapporto lavorativo non si sa.  Non essendoci regole, il committente non è tenuto a sottoscrivere con le persone come me un contratto scritto (e di fatti nella stragrande maggioranza dei casi la collaborazione ha forma orale), può sbarazzarsi del collaboratore se vuole e quando vuole.
Conosco colleghi che hanno subìto la fine della collaborazione solo perché si sono sposati o peggio ancora colleghe invitate a starsene a casa nel momento in cui era giunta la notizia della loro gravidanza. O anche colleghi che hanno visto interrompere la collaborazione per il solo “capriccio” del committente.
In barba alle norme che tutelano le donne in gravidanza o puniscono il licenziamento ritorsivo o capriccioso o discriminatorio. Sono norme inapplicabili ai co co co iscritti a un albo professionale. Ho dovuto convincere un ragazzo brillante a non seguire la strada del lavoro autonomo coordinato e continuativo ma ad accettare il rapporto di lavoro di apprendistato che gli veniva offerto spiegandogli l’horror vacui dell’ordinamento a riguardo. L’apprendistato lo tutela, il praticantato no.
Quando ne parlo con il mio committente “illuminato” e dichiaratamente di sinistra, lui mi assicura che quando mi sposerò mi darà il congedo matrimoniale come i dipendenti e tutte le tutele in caso di gravidanza. Lo ringrazio di questo ma non mi basta una assicurazione ad personam di un gentiluomo quando credo nello Stato di diritto.
D’altro canto, il mio committente “illuminato” mi ha chiesto di conoscere le norme che regolano il nostro rapporto lavorativo e io gli ho assicurato che gli avrei mandato un file con le norme di riferimento. Gliel’ho mandato. Vuoto. Spero solo che non pensi che io non sappia cercare le norme….
Trovo assurdo che non vi sia uno straccio di normativa, una minima regola di civiltà per noi che ci paghiamo da soli la nostra pensione, che non abbiamo diritto ad ASPI e CIGS che insomma non siamo un peso per la collettività. Tra le proposte dei partiti in campagna elettorale sul tema del lavoro ovviamente si parla solo dei lavoratori dipendenti. Noi continuiamo a non esistere.
Ovviamente perchè molti candidati si avvalgono della collaborazione di lavoratori come me e quindi sarebbe “tafazziano” pensare di regolamentare questo rapporto lavorativo.  Tiziano Treu si era mostrato attento a questa realtà lavorativa ma ha scelto di uscire dalla politica e nessun altro dimostra di avere la stessa attenzione di Treu sul tema del lavoro autonomo continuativo.
Lo Statuto dei Lavori avrebbe potuto tener conto di questa realtà lavorativa. Era questo il pensiero di Marco Biagi che ho seguito facendolo mio. Nella scorsa campagna elettorale, Maurizio Sacconi lo aveva promesso lo Statuto dei Lavori e ritorna a farlo ancora oggi. Ma forse il tempo è ormai scaduto e la promessa appare poco credibile.
(Dedicato a mia madre Lucia che avrebbe voluto essere una lavoratrice come me).
COMMENTO:
Nella sua originaria formulazione, l'art. 61 D.lgs. 276/2003 era concepito per inglobare nella nuova "collaborazione a progetto" tutte le prestazioni fuori campo IVA e, in questo senso, trova giustificazione la ragione dell'esclusione dei "Professionisti" iscritti ad Albi ed Ordini Professionali. Inoltre, considerazioni previdenziali stavano alla base di questa esclusione: per questi Professionisti, del resto, non si sarebbe posto a rigore un problema di "vuoto" di tutela come per tutti i cococo, avendo ciascuno la propria Cassa di Riferimento. 
Il problema si ripropone oggi non solo a seguito dell'entrata in vigore della l. 92/2012 Monti-Fornero (sulle cd "finte Partite IVA" che mostra la tendenza ad un ampliamento del raggio di interesse della "para-subordinazione" anche al campo IVA, con ciò innovando l'impostazione originaria del D.lgs. 276/2003), ma anche a seguito della l. 247/2012, che ha consentito la formazione di "rapporti di collaborazione coordinata e continuativa" per i Collaboratori Avvocati (confermando così lo sfavore per il lavoro dipendente tra Avvocati, come non consono all'indipendenza della Professione) e che include ai fini dell'iscrizione alla Cassa Forense anche i Collaboratori Avvocati, finora iscritti alla Gestione Separata INPS. Questa situazione, infatti, è stata radicalmente impedita dall'art. 18.08°comma della riforma forense, il quale determina l'automatica iscrizione alla Cassa Forense di tutti gli Avvocati iscritti all'Ordine (quindi anche i cococo), con formale divieto (art. 10.comma 10) di iscrizione ad altra Cassa che non sia su base volontaria e comunque non alternativa alla Cassa Forense. Dall'attuale legge di riforma, parrebbe dedursi la chiara preclusione all'iscrizione alla Gestione Separata INPS, i cui requisiti di iscrizione ex. art. 02.26°comma l. 335/1995 non paiono proprio coincidere con tali connotati.  
Il quadro di tutele per l'Avvocato è allora quello desumibile dalla Pagina web della Cassa Forense, cui si rinvia: http://www.cassaforense.it/Cassafor/Documentazione/GuidaPrevidenziale/guidaprevidenziale_pg.cfm?pag=07

Collaboratore Studio Francesco Landi, Ferrara Pagina FB: https://www.facebook.com/pages/Studio-Landi-cdl-Francesco/323776694349912

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