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martedì 13 agosto 2013

IL WELFARE AZIENDALE NELL'ERA DELLA CRISI ECONOMICA- IPOTESI DI LAVORO PER POSSIBILI RIFORME



Tema di Ragioneria di un ipotetico esame di Consulente del Lavoro:
Se un'Azienda intende erogare un premio di € 1.000 lordi al Dipendente, con aliquota fiscale sostitutiva del 10%, quale costo aziendale dovrà sopportare? E quanto sarà l'importo di retribuzione netta che il Dipendente percepirà?
Risoluzione:
Posta l'aliquota INPS a carico dell'Azienda a 28,98% e un premio INAIL al 4 per mille, il costo aziendale andrà così rideterminato:

Premio lordo:   € 1.000
INPS c/ditta:    €    290
INAIL:              €       4
TFR-ctr:           €      68
IRAP:              €      39

TOTALE:          € 1.401

Posta l'aliquota contributiva INPS c/dip al 9,19% e l'aliquota sostitutiva IRPEF al 10% (si da per scontata la sussistenza dei presupposti reddituali di legge per applicare il beneficio fiscale della detassazione), l'importo netto che il Dipendente percepirà sarà:

Premio lordo:   € 1.000
Ctr c/Dip.:       -€     92
IRPEF:           -€     91

TOTALE:         €   817

Questa l'implacabile logica dei numeri!
Proviamo, però, a considerare il caso da un'angolatura diversa e a impostare diversamente i termini del problema: esiste un sistema tale per cui il Dipendente acquista il valore pieno di € 1.000 e l'Azienda non è tenuta a sopportare oneri aggiuntivi?
La risposta è SI, questo è il sistema dei flexible benefits.
Entriamo nella terra ieri abbastanza incognita (oggi meno) di quello che forse un pò pomposamente, ma certo efficacemente si chiama Welfare Aziendale.
La risposta delle Aziende alle sfide della crisi non è solo Cassa Integrazione, licenziamenti e mobilità di massa, ma è stata anche questo. Welfare Aziendale. I casi LuxotticaAlitaliaTetraPak (Modena), Banca Intesa San Paolo, Banca UnicreditMediasetSAS InstituteVodafone sono già case history.
benefits così erogati sono i più svariati: dall'Assistenza Sanitaria gratuita, ai corsi di formazione, all'iscrizione a circoli ricreativi, alla consulenza legale e fiscale. Il successo di queste iniziative è presto spiegato: nella generale caduta del reddito reale del Lavoratore Dipendente (aggravato, per altro, dal cronico problema del "cuneo fiscale" tra retribuzione al lordo di tasse e oneri sociali e retribuzione netta) il Dipendente ottiene un netto da spendere in servizi per un importo decisamente superiore, che per l'Azienda non comporta (a certe condizioni, lo vedremo!) costi aggiuntivi, ma altresì può essere fonte di risparmi. 
In tempi in cui sempre più insistentemente si parla di "svalutazione interna" come soluzione consigliata per recuperare competitività specie agli Stati più "indebitati" come l'Italia (vedi dichiarazione del Commissario Olli Rehn sulla Spagna in data 06/08 us.), e in tempi in cui "svalutazione interna" significa "riduzione del costo del lavoro" (e degli stipendi) è evidente quanto sia importante richiamare queste "buone prassi" di Welfare aziendale, come forma di "compensazione" possibile alle perdite reddituali dei Lavoratori.
Sarebbe, comunque, riduttivo vedere in queste erogazioni solo forme di ripiego o di risarcimento (evidentemente parziali): dato che la crisi economica, erode status e prerogative di "acquisizione" di individui e famiglie, rendendo cioè molto problematico l'accesso a servizi sanitari, istruzione etc., la possibilità che il Datore riconosca anche solo alcuni di questi servizi ritenuti essenziali diventa una non secondaria gratificazione psicologica, con positive ricadute sulla motivazione al lavoro e al rendimento.
Oneri di gestione amministrativa? Dipende!
L'esperienza al riguardo dimostra che sono svariati i fattori che l'Azienda deve prendere in considerazione e la variante normativa (specie fiscale e previdenziale) non è una variante da poco! Manca nel Ns. ordinamento una legislazione fiscale e previdenziale uniforme e coerente sul Welfare-benefits aziendale, e così l'Azienda è costretta attualmente ad un vero e proprio slalom tra franchigie fiscali, esclusioni/esenzioni fiscali e conteggi (delicatissimi) delle aliquote marginali applicabili al Dipendente (che è il vero arbitro del "netto"!). 
Per quanto riguarda le cd "prestazioni in natura" (ossia tutti i benefits consistenti in opere o servizi), la gestione in capo all'Azienda resta rilevante, sia che la medesima opti per la gestione "interna" (con proprie forze) degli stessi, sia che la medesima (Azienda) opti per una gestione in outsourcing, ossia in Convenzione, con Società di Servizi esterne (evidentemente con compenso!).Al riguardo, molti osservatori notano acutamente quanto sia importante per l'Azienda che i costi sostenuti dei piani di Welfare aziendale, siano "coperti" da esenzioni fiscali/contributive. Grazie alle quali esenzioni, l'Azienda, se non otterrà profitti, quantomeno potrà andare in pareggio! Viceversa, molto più fluida e flessibile si rivela la gestione del benefit-Welfare, quando esso consiste nell'erogazione da parte del Datore di una somma di denaro con vincolo di destinazione (p.e. istruzione): in questi casi, gli oneri amministrativi sono minimi, quasi nulli, limitandosi essi medesimi all'acquisizione della documentazione prodotta dai Dipendenti e al controllo della stessa. In tal modo, il Dipendente (nella logica lordo-netto) potrà effettivamente disporre di un reddito netto decisamente più consistente di quello di cui all'ordinaria busta paga!
La legge è una variabile molto importante; evidentemente urge una riconsiderazione della materia in sede legislativa, che corregga le riforme (minimali e ormai obsolete) a suo tempo introdotte per il Welfareaziendale con il D.lgs. 314/1997. Che fare?
Stanti gli attuali "vincoli di bilancio" che sconsigliano tagli e riduzioni fiscali troppo "ottimistiche", sarei però a ritenere realistico e fattibile un intervento assolutamente sperimentale, che illustrerò nei termini che seguono.
Noi ben sappiamo quanto l'onda della "svalutazione interna" abbia contagiato in Italia anche il diritto del lavoro, sia pure in forme caratteristicamente ambigue. Da un lato, infatti, abbiamo un legislatore che apparentemente resiste all'onda "svalutativa" che prepotentemente si affaccia sul mercato del lavoro (le cd "riforme Monti-Fornero all'insegna della rigidità sono il segno della grande riluttanza del Legislatore a toccare in tempi di crisi il Sancta Sanctorum del diritto del lavoro!)
Dall'altro però quello stesso legislatore cerca insistentemente di "scaricare" sulle spalle delle "parti sociali" il lavoro (ritenuto "sporco") di liberalizzare il diritto del lavoro medesimo, in nome della religione del laisser faire, laisser passer (vedi art. 08 DL 138/2011; vedi DL Letta-Giovannini). 
Preso atto che quest'ultima sarà la tendenza che andrà vieppiù consolidandosi a livello di prassi, dato che sarà ben difficile per i Lavoratori opporsi più efficacemente all'ondata "svalutativa" che sale dal profondo dell'UE, come non ipotizzare percorsi che accompagnino questi processi di "ammorbidimento" delle garanzie tradizionali giuslavoristiche, con adeguate "compensazioni" sul fronte del Welfare Aziendale?

Personalmente, credo opportuno ipotizzare una modifica dello stesso art. 08 DL 138/2011 nel senso di subordinare l'efficacia di questi accordi non tanto all'onere burocratico (introdotto dal DL Lavoro) di deposito alla Direzione Territoriale del Lavoro, quanto alla previsione di un organico complesso di misure di Welfare Aziendale, organicamente esentasse! Si può e si deve discutere ....

Dr. Giorgio Frabetti, Profilo Linkedin: http://www.linkedin.com/profile/view?id=209819076&goback=%2Enmp_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1&trk=tab_pro
Collaboratore Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro, Ferrara
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