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sabato 7 settembre 2013

LE DIMISSIONI ANTE TEMPUS DEL LAVORATORE NEL RAPPORTO A TERMINE

Quesito:
Vi pongo un quesito che mi è stato proposto qualche giorno fa.
Un lavoratore dipendente, con contratto a tempo determinato fino a metà 2014, viene messo in CIGO ad orario ridotto fino a settembre, con la prospettiva che la situazione permanga anche nei mesi successivi. Ora, egli vorrebbe candidarsi per un dottorato il cui inizio è previsto per febbraio 2014: come dovrebbe comportarsi se venisse accettato per il dottorato? Essendo a tempo determinato, se non erro, non sono previste dimissioni volontarie, salvo che il datore di lavoro sia d'accordo; tuttavia, ciò vale anche se l'azienda è in cassa integrazione? Il datore di lavoro potrebbe opporsi adducendo al fatto che nessuno accetterebbe di andare a lavorare per una ditta che non se la passa tanto bene?

Risposta:
Gli atti con cui si può risolvere il rapporto di lavoro sono tre: 1) LICENZIAMENTO: E' l'atto (unilaterale) di recesso del Datore di Lavoro (nel tempo determinato di fatto limitato a giusta causa/giustificato motivo soggettivo, perchè la ragione estintiva "tecnica" del rapporto è già compendiata nel termine finale del rapporto); 2) RISOLUZIONE CONSENSUALE, per accordo Dipendente-Datore (possibile sempre e in ogni momento, anche nel tempo determinato); 3)DIMISSIONI, per iniziativa del Lavoratore. Le dimissioni sono ancora atto libero (soggette a convalida avanti la DTL, convalida del dimissionario!) e il Datore non può eccepirVi nulla, salvo, naturalmente, circostanze (la cui prova è a carico del Datore) in cui le dimissioni arrechino danno all'Azienda. Ma danno non è il generico "rischio" che il Dipendente se ne vada, rischio ovvio che è a carico del Datore, e cui questi deve attrezzarsi. Pertanto, nel Suo caso, sarei a ritenere che il Dipendente possa agevolmente dimettersi ... perdendo naturalmente la CIG!
Su questo punto, si trova la conforme giurisprudenza di legittimità:


la dichiarazione di recesso del lavoratore, una volta comunicata al datore di lavoro, è idonea "ex se" a produrre l'effetto della estinzione del rapporto, che è nella disponibilità delle parti, a prescindere dai motivi che abbiano determinato le dimissioni (a meno che queste ultime non siano inficiate dalla minaccia di licenziamento e risultino perciò viziate come atto di volontà) e dalla eventuale esistenza di una giusta causa, posto che, anche in tal caso, l'effetto risolutorio si ricollega pur sempre, a differenza di quanto avviene per il licenziamento illegittimo o ingiustificato, ad un atto negoziale del lavoratore, che è preclusivo di un'azione intesa alla conservazione del medesimo rapporto” (Cass. 6342/2012).

Collaboratore Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro, Ferrara
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