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martedì 22 ottobre 2013

CONCILIAZIONE EX ART. 7 LEGGE 604/1966, COSA SUCCEDE SE IL DATORE DI LAVORO NON SI PRESENTA


Quesito:
Cosa succede se il Datore di Lavoro non si presenta avanti la DTL, convocato formalmente per la conciliazione ex. art. 07/1966?


L'art. 07.06°comma DL 76/2013, che ha introdotto qualche "ritocco" alla procedura di conciliazione obbligatoria avanti la DTL di cui si tratta, ha disposto che la mancata convocazione di una o entrambe le Parti alla conciliazione produce un verbale di mancata comparizione e legittima in capo al Giudice la facoltà di trarre "argomenti di prova" ex. art. 116.02°commaCodice Procedura Civile.
E' bene chiarire che gli "argomenti di prova" non hanno natura di "prove" in senso proprio, nemmeno formalmente "indiziarie" (art. 2729 Codice Civile), ma solo valenza di elementi "accessori" ed eventuali del giudizio, cui il Magistrato può ricorrere per "arricchire" il quadro probatorio complessivo (nel quadro comunque dell'obbligo generale di prudente e congrua motivazione imposto al Giudice ex. art. 116.01°comma Codice Procedura Civile). A seconda dello stato e degli esiti dell'istruttoria, Datore di Lavoro e Lavoratore potranno risultare penalizzati dal Verbale di mancata comparizione avanti la DTL.
La disposizione si pone nel solco di una tendenza ormai risalente nella regolazione del Processo Civile e del Lavoro, ma applicata alla Conciliazione amministrativa è tecnicamente problematica (e forse anti-costituzionale), nonchè assolutamente demagogica e priva di alcuna valenza deflattiva.
Innanzitutto, è tecnicamente problematico che il Giudice possa dedurre argomenti di prova da un fatto che egli non ha constatato de visu, ma solo riferitogli da un verbale (la mancata comparizione). Si ricordi, infatti, che gli "argomenti di prova" furono introdotti (vedi Relazione al Codice processuale) proprio perchè la tendenza dei processi a svolgersi documentalmente avrebbe potuto (specie nel giudizio civile) avrebbe potuto privare il Giudice di una fonte preziosa di valutazione e di informazione, come i silenzi delle parti, le contraddizioni etc. Ma si tratta di fonti di informazioni tipiche di un "processo orale", che la prassi orale sa bene essere utili se apprese direttamente dal Giudice nel contatto diretto tra le Parti. Con questo, risulta l'evidente "anomalia" di trarre conseguenze sul giudizio comunque importanti come la formazione di un "argomento di prova" da un documento prodotto altrove rispetto al Giudizio.
Non solo, ma questa previsione può essere agevolmente messa "in non cale" dallo stesso Giudice nel Processo del Lavoro.
Si consideri, infatti, che, nel processo del lavoro, il Giudice è comunque tenuto nella "prima udienza di comparizione" ex. art. 420 CPC al tentativo di conciliazione, e lo stesso Giudice è legittimato a trarre "argomenti di prova" anche dalla mancata conciliazione.  Questa previsione non solo appare in aperta concorrenza con quella introdotta ex.art. 07.06°comma DL 76/2013, e tale da renderla nulla. Perchè nessuno può negare che il convincimento del Giudice sarà influenzato da quello che egli avrà constatato in sede di conciliazione giudiziale, non da quello che gli ha "riferito" la Commissione DTL.   
Ma se le cose stanno così, non si comprende allora quale efficacia deflattiva dovrebbe avere la disposizione ex. art. 07.06°comma DL 76/2013: se la disposizione del DL Lavoro, non può consistere in uno stop processuale (che sarebb tecnicamente problematico ex. art. 24 Cost.), nulla allora impedisce alle parti di mutare comportamento in sede di giudizio (da conflittuale e cooperativo). Nel frattempo, però, sarà maturato un tempo che non è certo compatibile con i propositi legislativi di accorciare i tempi della Giustizia!
E questo deve fare riflettere sull'inutilità conclamata della disposizione legislativa.

Studio Landi Francesco
P.zza Travaglio 7

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