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giovedì 13 marzo 2014

PERCHE' RICORRERE ALLA MEDIAZIONE NELLE CONTROVERSIE DI LAVORO

            Quesito: Sono un Dipendente, che si è licenziato dal lavoro. Mi è stato proposto da un Avvocato di regolare una controversia tra un'Azienda mia Cliente ed un lavoratore dipendente ricorrendo in Mediazione. Ci sono rimasto! Io sapevo che le controversie "stragiudiziali" di lavoro si regolano o al Sindacato o all'Ufficio del Lavoro. E' lecita la richiesta che mi è stata fatta? Grazie.

Risposta: 
La Mediazione è perfettamente utilizzabile nelle controversie di lavoro, purchè non determini accordi in contrasto con "norme imperative" e "ordine pubblico" (art. 12 D.lgs. 28/2010 successivamente modificato dal DL 69/2013).
Usualmente, per i regolamenti stragiudiziali delle controversie di lavoro si parla di "conciliazione" (sindacale o amministrativa), che tecnicamente designa, però, l'atto finale, il negozio giuridico con cui viene composta la controversia. Con l'espressione "mediazione" si designa tecnicamente l'opera messa in atto da un terzo "estraneo e imparziale" (il Mediatore, appunto, appositamente abilitato dalla legge) per favorire l'apertura dei canali di comunicazione tra le parti e favorire le condizioni per un accordo amichevole (art. 01 D.lgs. 28/2010).
Va comunque chiarito che la Mediazione, anche in ambito di lavoro, è istituto talora sovrapponile, ma talora estraneo allo schema tradizionale delle “conciliazioni” in ambito lavoristico, che per lo più consistono in "transazioni", dove si “negozia” il riconoscimento (pieno, parziale) di posizioni giuridiche, economiche e risarcitorie precostituite. Viceversa, nella Mediazione “genuina”, le stesse parti accettano di “allargare la torta” ad argomenti ulteriori, non necessariamente rientranti nelle loro dispute, ma comunque utili per trovare una base di accordo o cooperazione (su questa base, il fenomeno della Mediazione applicata alle controversie di lavoro può anche parzialmente esulare dagli schemi regolamentari giuslavoristici classici, tradizionalmente costituiti dall’art. 2113 Codice Civile, nonché dagli artt. 411 e 412 ter Codice di Procedura Civile).
I casi dove la Mediazione tra Datore di Lavoro e Lavoratore appare non solo ammissibile, ma particolarmente funzionali sono svariati. Ad esempio, in Mediazione contemporanea ad una risoluzione consensuale, Datore di Lavoro e Lavoratore, possono prevedere, come utilità aggiuntiva per il Lavoratore "esodato" il ricorso ad un servizio di outplacement(cosa del resto auspicata dal legislatore, e si legga, al riguardo, l’art. 07 l. 604/1966, risultante dalla riforma Monti-Fornero).
Tra l’altro, la Mediazione può apparire particolarmente utile in fasi molto delicate e complesse del rapporto di lavoro, che sarebbero certamente pregiudicati dal processo (per il danno derivante dal clamore processuale in sé stesso: il cd strepitus fori) e che, invece necessiterebbero di essere gestiti in una “camera tranquilla e riservata” (es. il caso che in una Casa di Cura si addivenga ad una rottura tra il Consiglio di Amministrazione e il Direttore Sanitario, a seguito di irregolarità molto gravi, ma in cui il quadro delle responsabilità e delle omissioni appaia complesso e distribuito sgradevolmente tra tutte le parti).
Oppure si consideri il caso del Dipendente di livello molto qualificato che entri in conflitto con l’Azienda perché vuole crescere professionalmente e attiva altre collaborazioni e attività con soggetti sospettati concorrenti. Particolarmente, in questo caso, la Mediazione può tornare utile e funzionale, non solo per evitare lo strepitus fori, ma anche per “allargare la torta”, per trasformare quelle che, ad un primo approccio possono sembrare rischi e negatività, in un’opportunità di crescita.
La Mediazione è particolarmente utile non solo perchè economica, ma anche perchè riservata e perchè la legge garantisce che le risultanze emerse durante il procedimento devono restare segrete e sono inutilizzabili a processo, anche sotto forma di prova testimoniale e giuramento decisorio (salva autorizzazione delle parti).
Punto critico delle Mediazioni in materia di lavoro è che se compendiano accordi contenenti rinunce/transazioni in materia di diritti nascenti dal rapporto di lavoro subordinato, esse sono impugnabili.
A questo riguardo, l'art. 2113.01°comma Codice Civile dispone che le rinunzie e le transazioni non avvenute in sede sindacale o amministrativa (DTL competente) sono impugnabili dal Lavoratore, entro 06 mesi dalla cessazione del rapporto, o, se avvenute a rapporto cessato, entro sei mesi dalla data della rinunzia (o della transazione). 
Al momento, la legge non riconosce la conciliazione di lavoro seguita a Mediazione ex. D.lgs. 28/2010, tra quelle ad efficacia privilegiata ex. art. 2113.04°comma Codice Civile, ossia sorrette dal peculiare regime di "non impugnabilità". 
E' evidente, però, che esigenze di semplificazione a favore delle imprese, dei Lavoraori e del Sistema Giustizia esigono modifiche e correttivi legislativi, perchè alla Mediazione nelle controversie di lavoro dal Sindacalista disponga dell'efficacia privilegiata che attualmente sia riconosciuta il regime privilegiato attualmente riconosciuto dalla legge alle conciliazioni sindacali e amministrative.

 



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