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venerdì 11 luglio 2014

SE IL LAVORATORE RIFIUTA LO STRAORDINARIO IN GIORNO FESTIVO: UN COMMENTO DALLO STUDIO LEGALE SILVA

Può il Lavoratore Dipendente rifiutare il Lavoro Straordinario in giorno festivo, adducendo, ad esempio, la volontà di stare con la sua famiglia, di avvalersi del diritto costituzionale al riposo settimanale?
Vediamo come affronta il tema lo Studio Silva (sito www.studiolegalesilva.it) con il commento che qui si riproduce (link: http://www.studiolegalesilva.it/blog/le-ore-di-straordinario-se-un-lavoratore-non-le-vuole-fare-cosa-succede).
Sarà ns. cura annotare successivamente queste considerazioni con un Ns commento.

STUDIO LEGALE SILVA:
"L'esecuzione delle ore di straordinario sono da sempre un tema molto sentito: da parte dei lavoratori perché possono incidere, anche significativamente, sulla propria parte economica e da parte datoriale perché possono essere determinanti sulla organizzazione e sulla produttività aziendale.
Ma trascurando, almeno per questa volta, le implicazioni economiche, come sono regolati i rispettivi diritti e doveri in merito?
Per questo, oltre alla legge (Codice Civile -articoli da 2107 a 2109-, la L. n°133 del 2008, la quale ha modificato il D.Lgs.n°66 del 2003 e L.n°183 del 2010 "Collegato lavoro") devono essere considerati attentamente i CCNL vigenti.
Nella totalità dei casi, infatti, i CCNL prevedono l'esecuzione del lavoro straordinario nei giorni festivi, disponendo, di caso in caso, limiti e confini.
Se, quindi, nel rispetto nelle norme e degli accordi, un'azienda decide che debbano essere fatte tot ore di lavoro straordinario, cosa possono fare i lavoratori? Possono dire di no? Debbono accettare la disposizione aziendale o debbono semplicemente eseguirla?
La risposta è che debbono semplicemente eseguirla. Infatti, in gergo, le ore di straordinario vengono "comandate" dal datore ai lavoratori.
Lo ha confermato anche la sezione Lavoro della Cassazione, con la sentenza 16248/12: Nei casi in cui il CCNL prevede il lavoro straordinario nei giorni festivi, il lavoratore che rifiuti di lavorare il sabato è licenziato legittimamente, se non prova l’esistenza di giustificato motivo.
Il caso. Un lavoratore, operaio addetto all’installazione di impianti, veniva licenziato per essersi rifiutato di lavorare il sabato, giorno di riposo. L’uomo impugnava il licenziamento chiedendone la declaratoria di illegittimità, negata sia in primo grado sia in sede di appello. Il lavoratore ricorre allora per cassazione.
Nel caso di specie la valutazione ad opera della Corte territoriale riguardo alla prova del fatto controverso, fornita oralmente, risulta inappuntabile e da confermare.
Altrettanto corretta è la decisione in ordine a quanto stabilito dal CCNL di categoria: esso prevede espressamente che i lavoratori che vi appartengono non possano rifiutarsi, salvo giustificato motivo, di compiere lavoro straordinario (notturno e festivo). Ne consegue che, poiché nel giudizio di merito non è stato provato il giustificato motivo, il licenziamento deve essere considerato come una sanzione proporzionata al grave atto di insubordinazione compiuto dal lavoratore, consistito nell’opporre rifiuto al turno di sabato.
Quindi, il rifiuto ingiustificato di eseguire ore di straordinario può portare sino al licenziamento, anche se, si spera, non si arrivi mai a tanto".

Ns. COMMENTO:
Che le ore di straordinario siano oggetto di un "comando datorile" è circostanza a noi già nota in forza della Circolare 08/2005 con la quale il Ministero del Lavoro aveva specificato:

"...A fronte della richiesta del datore, il lavoratore è tenuto alla prestazione del lavoro straordinario, salvo sussistano ragioni che consentano al lavoratore di rifiutarne l'esecuzione".
Ineccepibile, il principio giuridico che il rifiuto del lavoro straordinario vada giustificato.
Alcune precisazione sulle norme di riferimento per addivenire a tale giustificazione, particolarmente in sede di procedura disciplinare.
Lo Studio Silva ben rileva che occorre far riferimento ai contratti collettivi.
In ogni caso, non si possono nutrire dubbi di sorta che la pretesa datorile di lavoro straordinario va valutata sotto il profilo della legittimità, anche sotto il profilo del rispetto degli obblighi di "buona fede e correttezza" ex. art. 1375 Codice Civile (vedi ex multis, Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 6 marzo – 7 luglio 2014, n. 1543). In questo senso, come elemento "integrativo" di tale dovere generale non può non venire alla luce la regola enunciata per il lavoro straordinario ex. art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 66/2003, secondo la quale il lavoro straordinario deve essere "contenuto", ovvero comunque calato in un contesto organizzativo credibile: es. se in un certo periodo sia ragionevolmente prevedibile "punta di lavoro" per Dichiarazione dei Redditi per un CAF o Studio Commercialista. Questa prova, come puntualizzato dallo Studio Silva, è certamente facilitata dove è il CCNL a dettagliare tempistiche e causali organizzative del lavoro straordinario. In altri casi, la stessa norma ex. art. 03 D.lgs. 66/2003 può concorrere alla prova di "abuso del diritto" del Datore: prova non semplice non sotto il profilo tecnico, ma anche per i pesanti "costi" che può avere nella serenità dell'ambiente produttivo.
A margine ricordiamo che il "riposo domenicale" non è diritto oggetto di tutela costituzionale.
La Costituzione (art. 36.04°comma) tutela il "riposo settimanale", il riposo cioè colto nella sua "periodicità" infrasettimanale, che può anche non cadere di domenica, se lo esige la turnazione del lavoro di una determinata Azienda.

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