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martedì 31 marzo 2015

CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI - LA REINTEGRA NEL LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO



DIRITTO INTERTEMPORALE D.lgs. 23/2015 e art. 18 l. 300/1970 (come modificato dalla legge 300/1970): in che rapporto stanno?
A rigore, si dovrebbe fare applicazione dell’art. 15 Disp.prel. e ritenere l’art. 18 l. 300/70 abrogato perché … “…la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore” E’ evidente e logico, del resto, due sistemi normativi, in relazione alla stessa materia, non possono coesistere. La stessa conclusione, del resto, appare pienamente e logicamente legittimata dall’inciso di cui al primo comma dell’art. 1 D.lgs. 23/2015:
Art. 1 – Campo di applicazione. 1. Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo è disciplinato dalle disposizioni di cui al presente decreto.
Pertanto, se il D.lgs. 23/2015 non richiama espressamente disposizioni già in vigore nell’art.18 (prec. Edizione), l’art. 18 non può ritenersi in vigore e non può ritenersi riferimento utile per colmare lacune, punti dubbi del D.lgs. 23/2015.
LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO: QUALIFICAZIONE DELLA FATTISPECIE
Art. 2 – Licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale. 1. Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio a norma dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero perché riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto. (…)
Questa disposizione viene a sovrapporsi al vecchio comma 1 dell’art. 18 l. 300/70 che regolava (applicando la reintegra) il licenziamento discriminatorio.
Con il D.lgs. 23/2015, pertanto, il licenziamento si potrà qualificare come “discriminatorio”, in forza del rinvio alle seguenti disposizioni di legge:
-Art. 15 l. 300/1970; -Altri casi di nullità del licenziamento previsti dalla legge, ovvero:
a) Art. 3 l. 108/90 (licenziamento discriminatorio)
b) Art. 35 D.lgs. 198/2006 (licenziamento per causa matrimonio);
c) Art. 54 D.lgs. 151/2001 (licenziamento lavoratrice madre).
E’ da rimarcare che il D.lgs. qualifica come “licenziamento nullo” solo il licenziamento la cui nullità sia “espressamente” prevista dalla legge. Un tentativo di restringere il più possibile le ipotesi passibili di reintegra, sia pure nella formulazione residuale del D.lgs. sulle cd “tutele crescenti”. Ma con legge deve intendersi “legge speciale” o anche il “diritto comune”? Secondo l’Avv. TOFFOLETTO (Studio Legale Toffoletto, De Luca, Tamajo Soci, in Licenziamenti Individuali e Collettivi, la nuova disciplina in Guida al Lavoro, nr. 10/2015) non c’è dubbio: trattasi di “nullità speciali”. Ma le cose, ad un attento esame testuale della norma, non sembrano andare in questa direzione … Ora, è vero che la nullità, dal punto di vista della tecnica legislativa, può essere “speciale”, in quanto puntualmente prevista da un singolo disposto di legge (legge speciale, in genere, come la l. 108/90, il D.lgs. 151/2001), ovvero “generale”, in quanto riconducibile alla generale previsione della “nullità” di diritto comune. Ora, l’attuale testo dell’art. 1 D.lgs. 23/2015 non distingue tra nullità del licenziamento per “previsione di nullità speciale” e “previsione di nullità generale” (art. 1418 Codice Civile): pertanto, deve ritenersi che rientrano nella previsione di “licenziamento nullo” passibile di reintegra tutte le ipotesi di licenziamento, qualificabili nulli vuoi ai sensi delle leggi speciali, vuoi ai sensi del diritto comune. Questa conclusione (oggettivamente peggiorativa per le Aziende) è, del resto, suffragata dal confronto con il precedente testo dell’art. 18 edizione 2012! Nel precedente testo, infatti, era possibile ritenere che con “altre ipotesi di nullità del licenziamento previste espressamente dalla legge” dovessero qualificarsi le ipotesi di “nullità speciale” di licenziamento, e non di diritto comune: questo per la semplice ragione, che la legge, molto opportunamente, provvedeva a circoscrivere come passibile di reintegra solo l’ipotesi di nullità ex. art. 1345 Codice Civile, per “motivo illecito determinante”; con ciò escludendo ogni altro tipo di nullità (ad esempio, per difetto di causa). Con il D.lgs. 23/2015, invece, ogni ipotesi di nullità del licenziamento appare virtualmente riconducibile al “sistema” del diritto comune (artt. 1325 Codice Civile; 1418 Codice Civile). E questo evidentemente va a favore del Lavoratore e del mondo giudiziario favorevole alla causa del lavoratore, il quale, così, finisce per disporre di una ampia discrezionalità giudiziaria per qualificare i casi di “licenziamento nulli”, con notevole facoltà di ampliare i casi di ricorso alla residua ipotesi di reintegra. E questo, certo non giova alla certezza delle conseguenze economiche del licenziamento per le imprese … Giudiziosamente, il Decreto estende questa disciplina anche ai casi di licenziamento disposto (privo di giustificazione) a favore del lavoratore disabile o dalla sopraggiunta disabilità ex. art. 4.4°comma e art. 10.3°comma l. 68/99. Nulla dice, però, per il caso dell’eventuale licenziamento disposto in costanza di malattia, in violazione dell’art. 2110 Codice Civile; Nel vigore della precedente versione Monti-Fornero dell’art. 18, si applicava la reintegra a questi casi; ora, difettando una disposizione ad hoc, e non potendosi invocare il testo dell’art. 18, in quanto abrogato, e non espressamente richiamato, occorre ricostruire il sistema di rimedi in forza delle norme di “qualificazione” ex. art. 1 D.lgs. 23/2015. In punto di malattia, infortunio ex. art. 2110 Codice Civile, il Lavoratore è assistito da una norma-precetto che vieta al Datore di licenziare il Dipendente in malattia, prima di un certo periodo (detto, di comporto). Ma questo precetto, da quale sanzione è assistito? Dalla reintegra, o dalla tutela indennitaria? E’ logico presupporre che, in questo caso, si applichi la reintegra, anche perché al Lavoratore è riconosciuto il diritto a mantenere lo stesso trattamento retributivo, come se in malattia lavorasse. In questo caso, del resto, non sarebbe difficile estrapolare, vuoi dalla “legge speciale” (art. 4 l. 108/90), vuoi dal “diritto comune” (art. 1345 Codice Civile) un valido appiglio per ritenere nullo il licenziamento del lavoratore malato.
Dr. GIORGIO FRABETTI
STUDIO LANDI-FERRARA

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