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martedì 3 marzo 2015

JOBS ACT E LAVORO INTERMITTENTE, MOMENTANEA INOPERATIVITA' DEL CONTRATTO?-NOTE

Con dm 30/10/2004, il Ministero del Lavoro è a suo tempo intervenuto per attuare la previsione dell’art. 40.01°comma D.lgs. 276/03, che rimetteva al medesimo Ministero l’individuazione delle mansioni “discontinue o intermittenti” per cui era stipulabile il rapporto a chiamata (per queste, il dm richiamò il RD 2657/1923, contenente elencazione delle tipologie di attività “discontinue e intermittenti”).
Questo impianto è salvaguardato dal Jobs Act, come si evince nell’attuale formulazione del D.lgs. di revisione delle tipologie contrattuali flessibili. Tale testo, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 20/2, e attualmente al vaglio delle competenti Commissioni parlamentari, all’art. 12.01°comma dispone quanto segue:

Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale, anche con riferimento alla possibilità di stipulare tale contratto in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno. In mancanza di contratto collettivo, all’individuazione dei casi di utilizzo del lavoro intermittente si provvede con decreto non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Il Jobs Act conferma l’impianto precedente del “lavoro a chiamata”, ma attualmente non chiarisce se, in via transitoria, continui ad applicarsi il dm 30/10/2004 e il RD 2657/23. Circostanza, come ciascuno può ben comprendere, essenziale per l’operatività dei contratti a chiamata, di fatto non regolamentati (se non in via molto marginale) dai CCNL.
L’interpretazione più logica e rigorosa porterebbe a ritenere inapplicabile il dm 30/10/2004 e il relativo RD 2657/23: al momento, infatti, è logico ritenere che l’art. 40 D.lgs. 276/03, entrando in vigore tale testo, debba ritenersi abrogato: in forza delle previsioni ex. art. 46.02°comma del D.lgs., e anche delle più generali disposizioni ex. art. 15 Disp. Prel. Codice Civile (“Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori … perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore”). L’abrogazione dell’art. 40 D.lgs. 276/03 porta con sé anche i dm emanati in via di attuazione.
Di qui, la conseguente inoperatività del RD 2657/23 che attualmente definisce le ipotesi di ricorso al lavoro intermittente.
Questa conclusione si trova altresì supportata dal confronto con altre disposizioni, sovrapponibili, dell’emanando D.lgs. L’art. 19.02°comma del D.lgs., ad esempio, in punto di lavoro stagionale, rimette ad un dm la definizione di una nuova classificazione di “attività stagionali”, ma mantiene in vigore, in via transitoria e per i necessari effetti applicativi (es. esonero “limiti quantitativi” etc.), la precedente regolazione del DPR 1525/1963. Non altrettanto, però, si prevede nel caso del lavoro intermittente (per lo meno, non si prevede ancora la sopravvivenza, in via transitoria, del dm 30/10/2004).
Perdurando questo assetto normativo, le Aziende non potranno più ricorrere al “lavoro a chiamata”, facendo ricorso al RD 2657/23, ma solo per le altre ipotesi “soggettive” (lavoratori infra24 enni e ultra 55enni).
Restiamo in attesa di eventuali rettifiche al D.lgs., che potranno essere disposte, in sede di approvazione definitiva.

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