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mercoledì 29 luglio 2015

NIENTE COCOCO PER IL PIZZAIOLO, PAROLA DI CASSAZIONE - LE RICADUTE SULLA RIFORMA DELLE COCOCO EX DLGS 81/2015

Si coglie l’occasione di segnalare un utile contributo web dedicato all’illustrazione di una sentenza (n. 7024/2015) con la quale la Corte di Cassazione si è soffermata sulle condizioni che possono legittimare, nell’organo ispettivo, la qualificazione in termini di “lavoro subordinato” del lavoro del pizzaiolo. Qui di seguito, il link: http://studiocassone.it/news/pizzaiolo-contratto-lavoro-subordinato
Applicando le previgenti regole, non ancora aggiornate al D.lgs. 81/2015, la Cassazione aveva chiarito (confermato) che, ricorrendo la predeterminazione oraria della prestazione (tipicamente di una Pizzeria, Tavola Calda, Bar) e la concreta estraneità del Pizzaiolo dal rischio di impresa, la prestazione del Pizzaiolo, anche se nominalmente definita “cococo”, deve intendersi “lavoro subordinato”. E, data la prassi del settore, bisogna ritenere che tale accertamento sia sostanzialmente automatico. Questa sentenza, pur emessa nell’ambito delle regole precedenti la riforma dei contratti del Jobs Act, può essere presa come campione, o meglio, prototipo per misurare i termini di applicabilità delle nuove regole sulle cd “collaborazioni autonome” codificate dall’art. 2 D.lgs. 81/2015. Come abbiamo già avuto modo di dire in precedenti interventi, abolito il “progetto” e confermata l’applicabilità dell’art. 409 cpc, la prova del “falso lavoro autonomo” passa attraverso la prova che la prestazione, nominalmente “autonoma”, sia in realtà svolta in regime di “etero-organizzazione”, tipicamente, in regime di assoluta “predeterminazione dei tempi e dei luoghi” (come nella citata sentenza dedicata al lavoro del Pizzaiolo).
AVVERTENZA: Tanta rigidità applicativa va comunque monitorata attentamente. Che ne è, ad esempio, della Pizzeria gestita in Snc da più Pizzaioli tutti artigiani? E’ chiaro che, anche in questo caso, ricorre la predeterminazione oraria del lavoro, chè le pizze devono essere consegnate nei termini richiesti dalla Clientela, e senza deroghe. Ma basta questo elemento per configurare come “subordinato” un tale lavoro? Si dovrebbe rispondere di no: il lavoro, infatti, svolto in regime di “impresa artigiana collettiva” e con conseguente “accollo del rischio di impresa”, non parrebbe proprio svolgersi in quel regime di “etero-organizzazione”, che, ex. art. 2 D.lgs. 81/2015, caratterizza il “falso lavoro autonomo”.
A disposizione per aggiornamenti

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