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venerdì 4 settembre 2015

JOBS ACT, INCOSTITUZIONALI I PROSSIMI DECRETI DELEGATI?

In questo post, si accenna ad una notizia raccolta da Il Fatto Quotidiano del 3/9/2015 (Salvatore Cannavò), dove si rende noto che il Gruppo parlamentare dei Verdi (Bonelli in primis) ha sollevato eccezioni di ordine procedurale che, ai sensi dell’art. 76 Cost. e dell’art. 14 l. 400/1988, renderebbero illegittimi (e, quindi, invalidabili avanti la Consulta) gli ultimi D.lgs. attuativi del Jobs Act in via di approvazione definitiva dal Consiglio dei Ministri (quelli dedicati a controlli a distanza, riforma delle ispezioni etc.).

Si tratta, per ora, di una posizione isolata, espressa da un gruppo di minoranza.
Questa notizia, però, concorre a delineare, per l’immediato futuro, una verosimile (e rilevante) fonte di incertezza, che condizionerà certo l’operatività delle Aziende (potranno sorgere ricorsi!); per questo, per quanto la notizia appaia antipatica o fastidiosa (la solita tenzone da Azzeccagarbugli!), essa appare di oggettivo e attuale interesse per l’operatività di Consulenti del Lavoro e Datori di Lavoro.
Si capisce che se questa posizione dovesse trovare spazio in sede giurisdizionale …

La posizione dei Verdi, ad ogni modo, si può riassumere nei termini che seguono. Secondo il Gruppo Parlamentare, per ritenere adempiuto correttamente il procedimento legislativo, non basta che i Decreti siano emanati in tempo rispetto alla scadenza della delega”, ma occorre che siano emanate rispettando tutte le tempistiche previste dalla legge. In particolare, i Verdi notano che, ai sensi dell’art. 14, il tempo per le deliberazioni del Consiglio dei Ministri sarebbe esaurito. Tutto nasce da un’interpretazione molto severa dell’art. 14 l. 400/88: questo articolo prescrive che, nei 20 gg. precedenti la scadenza della delega, il D.lgs. emanando debba essere portato all’attenzione del Quirinale per l’emanazione; i Verdi, con interpretazione molto restrittiva, a garanzia delle prerogative del Capo dello Stato, deducono il carattere tassativo di tale termine, e deducono la preclusione, in questo periodo, di qualsiasi atto deliberativo del Governo. Ora, nel caso del Jobs Act, visto che la delega scade il 16/9 pv, è dal 26/8 che sono scattati i 20 gg. nei quali il D.lgs. deve essere all’esame del Quirinale. In questo periodo, il Consiglio dei Ministri non potrebbe deliberare (anche se la delega legislativa scade il 16/9!). Ovviamente la tesi è contestata dall’Esecutivo.
Non è chiaro chi possa avere ragione: se, da una parte, bisogna ammettere l’indubbia elasticità della prassi procedurale (ferma solo nel ritenere solo “la scadenza della legge delega” ex. art. 76 Cost. l’unico termine “tassativo”, oltre cui è certamente preclusa ogni deliberazione dell’Esecutivo), dall’altro, bisogna anche ammettere che, in punto di procedure di emanazione delle “leggi delega” la giurisprudenza della Consulta è apparsa negli ultimi tempi molto severa, pervenendo a sentenze clamorose (ricordiamo la sentenza del 2012 che annullò la Mediazione Obbligatoria perché avvenuta … “extra delega” ex. art. 76 Cost.).

N.B.: Cosa importa ai Consulenti del Lavoro? Nulla, direte Voi! E in effetti non compete certo ai Consulenti entrare nel merito di tali disquisizioni accademiche da giuristi. Compete certo al Professionista mettere in guardia i Clienti dalle incertezze che inevitabilmente contrassegneranno la vita degli ultimi decreti del Jobs Act: non ci vuole molto a capire che non pochi saranno i ricorsi giurisdizionali! La materia, in sé stessa rilevante per l’operatività quotidiana dei Datori di Lavoro, obbliga al massimo scrupolo informativo nei confronti del Cliente.
Sotto, si acclude il testo originale della notizia.
A disposizione per aggiornamenti.

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SALVATORE CANNAVÒ
Il Fatto Quotidiano, 3/9/2015

Il Jobs Act rischia di essere fuori legge. Almeno nei quattro decreti legislativi all’esame delle Camere che devono essere approvati definitivamente dal Consiglio dei ministri. A scoprire la violazione del dettato costituzionale sono i Verdi di Angelo Bonelli che, con la senatrice Paola De Pin, ex M5S passata al movimento ecologista, hanno presentato un’interrogazione parlamentare. L’ELEMENTO di incostituzionalità potenziale riguarda le prerogative del Quirinale, la cui firma, secondo quanto previsto dalla legge delega, è necessaria per emanare il provvedimento. Firma che dovrebbe essere apposta “entro venti giorni dalla scadenza” del provvedimento. Il quale scade il 16 settembre. I venti giorni scadevano, quindi, il 26 agosto, quando il Parlamento dormiva e anche il governo era piuttosto assente. Il ministero del Lavoro, interpellato dal Fatto sulla possibile invalidazione dei decreti legislativi ha risposto sicuro: “Per quanto ci risulta, è un rischio che non esiste”. Eppure, chi ha redatto la nota per i Verdi non ha dubbi e li spiega con chiarezza. È la stesse legge delega a precisare i termini della questione. Al comma 10, infatti, si legge: “I decreti legislativi di cui ai commi 1, 3, 5, 7 e 8 del presente articolo (quelli da cui derivano i decreti legislativi in via di approvazione, ndr.) sono adottati nel rispetto della procedura di cui all'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400”. La legge 400 è in bella evidenza sul sito ufficiale del governo. All’articolo 14, non solo spiega che “i decreti legislativi adottati dal Governo ai sensi dell’articolo 76 della Costituzione sono emanati dal Presidente della Repubblica con la denominazione di ‘decreto legislativo’ e con l’indicazione, nel preambolo della legge di delegazione, della deliberazione del Consiglio dei ministri e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di delegazione”. Quello che è più importante è che si precisa che “il testo del decreto legislativo adottato dal governo è trasmesso al Presidente della Repubblica, per la emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza”. I venti giorni sono già passati e i decreti non sono ancora transitati per palazzo Chigi per l’ok definitivo. Stiamo parlando dei quattro testi che riguardano il riordino dei servizi ispettivi, gli ammortizzatori sociali, la semplificazione degli adempimenti e le politiche attive. Pezzi significativi del provvedimento per i quali, però, la firma del Presidente della Repubblica potrebbe essere aggirata e resa superflua. CHI HA STUDIATO IL CASO ricorda il precedente, avvenuto nel 2002, con il governo Berlusconi, quando la giurisprudenza ritenne addirittura “clamoroso” che Berlusconi avesse inviato un decreto legislativo in Parlamento lo stesso giorno della sua emanazione. Ma si trattava del Codice della Strada e nessuno si sarebbe sognato di fare ricorso contro una legge di questo tipo. L’importanza dell’articolo 14 della legge 400, del resto, è confermata da un’altra sentenza della Consulta del 2000. L’effetto, dunque, potrebbe essere quello di un “vizio formale”nell’ambi to del procedimento di emanazione dei decreti attuativi del Jobs Act, il quale comporta un eccesso di delega, non avendo il Governo rispettato termini e modalità indicati dal Parlamento per l’esercizio della delega stessa. Il governo, a giudicare dalla sua risposta, potrebbe non tenerne conto e andare avanti. A quel punto potrebbero fioccare i ricorsi. Chi reputasse ingiusto uno dei provvedimenti contenuti nei quattro decreti potrebbe invocarne, presso un Tribunale, l’incostituzionalità. Il contenzioso giudiziario potrebbe avere esiti imprevedibili. © RIPRODUZIONE RISERVATA il fatto quotidiano 3 settembre 2015

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