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giovedì 29 ottobre 2015

COMMENTO CASSAZIONE 21023/2015: ATTENZIONE ALLA NORMATIVA "PRO TEMPORE" APPLICABILE ALLE COLLABORAZIONI AUTONOME!

In questi giorni, sta incontrando notevole diffusione sul web una sentenza recentissima della Corte di Cassazione (nr. 21023/2015), da molti salutata come una sentenza in controtendenza con le restrizioni sul cd “finto lavoro autonomo”.
Nel caso di specie, in particolare, smentendo le conclusioni del Direttore dell’Ispettorato del Lavoro di Bolzano, la Corte di Cassazione ha ritenuto di non poter confermare le conclusioni di un’Ordinanza-Ingiunzione con la quale l’ispettorato aveva qualificato “lavoro subordinato” quello prestato da alcune donne che provvedevano, senza orario fissato, a rassettare e pulire immobili di un residence (in località ad alta vocazione turistica), ovvero a riscuotere i canoni di locazione.
La Cassazione, in questo caso, aveva escluso la subordinazione, argomentando l’esiguità delle ore lavorate e l’assenza di una formale etero-direzione delle Lavoratrici.
La sentenza non può costituire un precedente valido per le attuali collaborazioni.
Innanzitutto, l’Ispezione si riferisce ad un periodo (aprile 2003) certamente precedente all’entrata in vigore della legge Biagi (24/10/2004): la sentenza, cioè, si riferisce ad un periodo ante- legge Biagi, quando le collaborazioni erano davvero deregolate.
A maggior ragione, questa sentenza non può essere invocata oggi, pur abolita la legge Biagi e pur ristabilita la piena vigenza dell’art. 409 CPC.
E’ al riguardo buona cosa ricordare che la sentenza ragiona come si ragionava "una volta", ovvero esclude la subordinazione perché esclude, nel caso di specie, l'etero direzione! Peccato che dal 1 gennaio 2016 serva la dimostrazione della "etero organizzazione" ... è io ho più di un motivo per ritenere che questa difetti nel caso qui trattato dalla Cassazione.  Come abbiamo già visto, la circostanza che il Barista esegua da solo il lavoro, senza ordini altrui, non ne fa necessariamente un genuino lavoratore autonomo: la ripetitività delle prestazioni resta un indizio decisivo della circostanza che il Collaboratore non dispone di alcun margine di “autonomia organizzativa” sul servizio che deve svolgere. E questo ragionamento, crediamo, possa valere nel caso oggi dovesse ripresentarsi il caso delle Lavoratrici di cui alla sentenza nr. 21023/2015.

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