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martedì 24 novembre 2015

LAVORO A TERMINE, LA NON DISCRIMINAZIONE DEI DIPENDENTI A TEMPO DETERMINATO

Si coglie l’occasione di rilevare come, confermando quanto previsto dal vecchio art. 6 D.lgs. 368/2001, l’art. 25 D.lgs. 81/2015 codifica in questi termini il cd “principio di non discriminazione”:

1. Al lavoratore a tempo determinato spetta il trattamento economico e normativo in atto nell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo prestato, sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a tempo determinato.
2. Nel caso di inosservanza degli obblighi di cui al comma 1, il datore di lavoro è punito con la sanzione amministrativa da 25,82 euro a 154,94 euro. Se l'inosservanza si riferisce a più di cinque lavoratori, si applica la sanzione amministrativa da 154,94 euro a 1.032,91 euro.

La recente dispensa Confprofessioni dedicata al lavoro a termine nel settore Studi Prof. fa notare (coerentemente) che tale norma esige non solo l’inquadramento del Dipendente a termine in coerenza con i trattamenti economici e normativi disposti dal CCNL (retribuzione, livelli di inquadramento e classificazione), ma anche con i trattamenti (economici e normativi) “in atto” presso la Struttura. Questa disposizione può porre alcuni problemi (come segnalato da Confprofessioni) in caso di trattamenti come i “buoni pasto”, ad esempio.
Allo stato, e nell’assenza di chiarimenti ministeriali, possiamo ritenere che il Datore non possa negare al Dipendente a termine il “buono pasto”, ove esista una regolamentazione interna (collettiva o aziendale) che lo riconosca in modo generalizzato e non ad personam. In questo caso, la mancata corresponsione al lavoratore a termine può essere soggetta alla sanzione amministrativa (non così irrisoria) prevista dalla legge.
Non così nei casi in cui il “buono pasto” abbia una valenza di fringe benefit (incentivo marginale) ad personam: la peculiare rilevanza “personale” di tale emolumento dovrebbe escludere ogni automatica estensione al lavoratore a termine.
Ma restiamo in attesa di chiarimenti ministeriali.
A disposizione per aggiornamenti e approfondimenti.

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