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venerdì 4 dicembre 2015

LIMITI QUANTITATIVI E CONTRATTI COLLETTIVI: PROBLEMI DI DIRITTO INTERTEMPORALE-IL CASO DEL CCNL STUDI PROFESSIONALI

Quesito:
Al 25/6/2015, nel CCNL Studi Professionali vigevano speciali regole riguardanti i “limiti quantitativi”. Queste norme di CCNL devono considerarsi in vigore, ovvero abrogate con il sopravvenire del nuovo art. 23 D.lgs. 81/2015?
Si consideri ulteriormente che, nel vigore delle nuove norme, non è stata riprodotta quella speciale norma di diritto intertemporale che, nell’economia della l. 78/2014, regolava i casi in cui i “limiti quantitativi” risultassero già disciplinati dalla contrattazione collettiva. La norma in questione recitava:

"In sede di prima applicazione del limite percentuale (...) conservano efficacia, ove diversi, i limiti percentuali già stabiliti dai vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro".

La mancata riproduzione di tale norma nel corpo del D.lgs. 81/2015 come deve essere interpretata? Come prova che le disposizioni di CCNL previgenti al 25/6/15 devono intendersi abrogate? O in quale altro modo?

Risposta:
Il punto è effettivamente delicato e su di esso dovrà pronunciarsi il Ministero del Lavoro (che non ci consta essersi pronunciato, per il momento).
In precedenti contributi, abbiamo ipotizzato che la sovrapposizione tra CCNL e D.lgs. 81/2015 debba seguire le regole ordinarie (art. 15 preleggi), ovvero nel segno della prevalenza della successiva legge (lex posterior) incompatibile con la normativa previgente (di legge e di CCNL); si conclude, così, per la disapplicazione delle disposizioni di CCNL incompatibili con le sopraggiunte disposizioni di leggi (in questo senso, abbiamo ritenuto la disposizione sulla proroga ex. art. 21 D.lgs. 81 prevalente sulla difforme, antecedente, disposizione del CCNL Studi Prof.).
Un simile stato di cose vale fintanto che la stessa legge non ammetta espressamente e chiaramente la coesistenza delle vecchie norme. Così, quando il D.lgs. 81 “fa salve” le diverse disposizioni di CCNL, tale riferimento deve coerentemente intendersi sia ai CCNL successivi al D.lgs. 81, sia ai CCNL antecedenti.
Questo vale per la disciplina dei 36 mesi (art. 19.2°comma), per la disciplina dei rinnovi (art. 21.2°comma), sia per il “diritto di precedenza” (art. 24).
Crediamo che questo sia anche il caso dei “limiti quantitativi” che, all’art. 23 così dispone:

Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza …

Il fatto che nell’attuale corpo del D.lgs. 81 non sia introdotta una norma come quella del vecchio DL Poletti non muta queste conclusioni, per le ragioni che qui di seguito si motivano.
Tale ultima norma prevedeva:

"in sede di prima applicazione del limite percentuale (...) conservano efficacia, ove diversi, i limiti percentuali già stabiliti dai vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro".

La cancellazione di questa norma ci pare non possa spiegare effetti sull’assetto del lavoro a termine ex D.lgs. 81/2015, per la semplice ragione che quella disposizione era concepita per gestire, in modo assolutamente peculiare e speciale, un diritto transitorio che trovava la sua ragione d’essere nell’assetto contrattuale introdotto dal DL Poletti e del quale oggi possiamo ritenere completamente esauriti gli effetti. Quella disciplina transitoria, assolutamente “speciale”, si giustificava in considerazione del fatto che il DL Poletti “rivoluzionava” l’assetto dei rapporti a termine, rendendo vincolanti (e sanzionati) i “limiti quantitativi”, fino ad allora istituto negletto e di mera rilevanza teorica (se non platonica).
Veniva così radicalmente a mutare la gestione complessiva dei contratti a termine e, specie in sede di conversione del Decreto, si ritenne necessario consentire ai Datori di contare su un lasso di tempo utile per resettare i rapporti a termine, esaurire quelli sovrabbondanti e andare a regime, al 1/1/2015, con un nuovo criterio di programmazione dei contratti. In quest’ottica anche la “salvaguardia” dei “diversi” limiti quantitativi previsti dai CCNL trova un senso, che non può essere in nessun caso riprodotto allo stato attuale.
In quell’occasione si trattava di ammortizzare l’impatto sul Datore di lavoro di quelle disposizioni di CCNL sui “limiti quantitativi” che cessavano di essere mere “formule di stile”, ma divenivano vincoli molto forti (e sanzionati); in questo senso, le disposizioni di CCNL erano “fatte salve”, ma contemporaneamente se ne differiva la rilevanza sanzionatoria al 1/1/2015, sterilizzandone così parzialmente l’efficacia in via sanzionatoria.
La chiara e manifesta intenzione legislativa era quella di conservare le norme di CCNL, ma propiziandone contemporaneamente un “raccordo” con il nuovo rigoroso assetto sanzionatorio, propiziando medio tempore un tranquillo periodo transitorio, per consentire ai Datori di riassestarsi e aggiornarsi alle nuove regole.
Si tratta di una problematica tipicamente connessa a vicende applicative proprie del Decreto Poletti, ed evidentemente non riproducibili nel D.lgs. 81/2015: anche perché il D.lgs. 81 non “rivoluziona” (come il Dl Poletti) la disciplina del lavoro a termine, ma non fa che confermarla quale disciplina già a regime, così come era delineata a partire dal 1/1/2015.
Per il D.lgs. 81/2015, il diritto intertemporale tra CCNL e sopravvenute disposizioni di legge può ben essere ricostruito (in conformità al “diritto comune”) come sopra.

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