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venerdì 27 aprile 2018

NIENTE AUTORIZZAZIONI SCRITTE PER LA “PAUSA GABINETTO”: PAROLA DI GARANTE DELLA PRIVACY

Caso:
In una fabbrica, da anni esiste una prassi così fatta: chi ha bisogno di andare in bagno, deve chiedere autorizzazione scritta al Capo-Reparto, previa compilazione di un tagliando scritto. Nel tagliando sono indicati nome e cognome del Dipendente, reparto di appartenenza, data e ora del rilascio, luogo dove si reca il Dipendente, firma di convalida del Responsabile. Ricevuto il placet del Capo-Reparto, il Dipendente può recarsi in bagno. Siffatta modalità organizzativa è stata implementata per consentire la tempestiva sostituzione dei Dipendenti recatisi in bagno e per non compromettere la funzionalità continuativa degli impianti. Questa prassi è legittima?

Risposta (tratta da Provvedimento Garante Privacy del 24/2/2010- doc. web 1705070):
La prassi è stata dichiarata di massima illegittima con provvedimento del Garante della Privacy del 24/2/2010 (doc. web 1705070), per contrarietà alla disciplina della Privacy.
Una autorizzazione temporanea per recarsi al gabinetto, secondo il Garante della Privacy, rappresenta a tutti gli effetti una raccolta di informazioni, e soprattutto un trattamento di dati personali sensibili.
In primo luogo, il Garante evidenzia come l’autorizzazione alla “pausa bagno”, tramite acquisizione di tagliandi scritti, si presti ad essere valutata assai severamente, perché comporta acquisizione e trattamento di dati personalissimi dei Dipendenti. In particolare, si censura il trattamento di dati personali in forma scritta e formale, perché si presta ad essere valutata come eccessivamente mortificante per il Dipendente, senza che tale sacrificio presenti una contropartita legittima alcuna. In particolare, tali informazioni scritte si prestano ad essere particolarmente lesive della Privacy del Dipendente, dato che tali informazioni potrebbero agevolmente essere apprese da terzi, a causa di svariate vicende (furti, smarrimento etc.).
In particolare, non costituisce “giusta causa” di acquisizione e trattamento di dati tanto “personali” e “sensibili”, l’esigenza aziendale di provvedere alla sostituzione del personale frattanto recatosi in bagno. Finchè, in concreto, si può dimostrare che tali problematiche organizzative si possano gestite senza raccolta di risultanze scritte, ad esempio con un semplice scambio orale, meno invasivo, l’autorizzazione scritta della “pausa bagno” non può essere considerata legittima.
Queste indicazioni non escludono, comunque, che possano emergere nella prassi concreta circostanze che possano giustificare l’adozione di autorizzazioni scritte della “pausa bagno”: in determinate lavorazioni particolarmente complesse, ciò potrebbe essere imposto dalla necessità di ottemperare alla normativa sulla Sicurezza del lavoro.
In ogni caso, però, l’adozione dell’autorizzazione in forma scritta, dice il Garante, deve essere una extrema ratio, perché, fin che può, l’Azienda deve adottare misure organizzative che riducano al minimo l’invasione nella Privacy del Dipendente (art. 3 D.lgs. 196/03, cd “principio di necessità”).
A margine, si ricorda che, in forza della normativa sull’orario di lavoro, il Lavoratore può impegnare i tempi di pausa (es. videoterminali, pausa per prestazione superiore alle 6 ore…) per recarsi al gabinetto, ovvero beneficiare di una “sosta”, che, in quanto programmabile come inferiore ai 10 minuti, non determina alcuna interruzione del rapporto di lavoro, nemmeno ai fini retributivi (art. 5 RD 1955/1923).
Il Provvedimento Garante Privacy del 24/2/2010- doc. web 1705070 lo trovate al link: http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1705070

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